Riflessioni su un fenomeno legato alla criminalità organizzata e che spesso si è sottovalutato

Avv. Sabrina Vitiello - Il termine "neomelodico" è stato usato per la prima volta nel libro Concerto Napoletano di Peppe Aiello (1997), per descrivere un complesso e stratificato filone musicale sotterraneo che si distingue dalla canzone classica napoletana.

Se fino agli anni Settanta gli autori della canzone dialettale appartenevano prevalentemente alla classe media, dalla metà degli anni Ottanta, con la rivoluzione musicale di D'Angelo, gli autori di origine popolare sono improvvisamente diventati più numerosi e prolifici di quelli borghesi. Questo ha determinato una sostanziale omogeneità tra produttori e consumatori. I parolieri provengono dallo stesso ceto sociale dei fruitori, la "gente dei quartieri", di cui ritraggono valori e sentimenti. Siccome le storie prendono spunto dalle vicissitudini dei personaggi dei Quartieri-Stato, non ci si deve stupire se la camorra appare nelle canzoni come un elemento naturale, con cui bisogna confrontarsi abitualmente. E' questo l'elemento di differenziazione tra la canzone classica napoletana e la canzone neomelodica. La canzone d'autore napoletana cerca di rappresentare un'immagine oleografica della città, una cartolina pubblicitaria che presenta il Paese del Sole all'Italia e al mondo intero. I parolieri neomelodici, invece, non scrivono per esportare un'immagine della città, bensì per descrivere quella Napoli che si sente diversa, se non in contrasto, dal resto della società italiana.

Migliaia di giovani marginali sono i consumatori ideali di un mercato culturale che racconta di amori finiti, di tradimenti, di sesso precoce, di divorzi, di carcerati, di tossicodipendenti, di famiglie sfasciate, di pentiti, di criminali occasionali, di delinquenti incalliti, di latitanti, insomma di tutto ciò che riguarda il disagio sociale dei quartieri popolari napoletani. Molti giovani, parcheggiati nei vicoli e nei rioni malfamati della città, trovano nel canto una via di uscita alla povertà. Si potrebbe definirla "Sindrome D'Alessio": il successo di Gigi D'Alessio, nel panorama musicale italiano, ha stimolato un nuovo effetto Maradona.

Il mito del calciatore ha alimentato a lungo tra i giovani il sogno di poter abbandonare il quartiere degradato grazie alla propria qualità di calciatore. Allo stesso modo, l'affermazione di D'Alessio ha scatenato la ricerca del successo di centinaia di ragazzi, uomini e donne che tentano di sfondare nel mondo della musica per guadagnare soldi e fama. Ma, dietro ai miti di D'Alessio e Maradona si nasconde una mentalità plebea ancestrale: la volontà di saltare dalla povertà alla ricchezza senza "faticare". Per diventare neomelodico basta avere una buona voce e un'ottima rete di relazioni parentali ed amicali per entrare nel mercato delle cerimonie. Ovviamente, nell'intreccio delle relazioni comunitarie, si incontrano neomelodici e camorristi. Quando un giovane del quartiere ha una bella voce, ma non ha le risorse economiche e relazionali per sfondare nel mondo della musica, perché non dovrebbe avvalersi della raccomandazione del boss di turno che gli può presentare tante persone ed investire un po' di soldi? Invece di spacciare, canta. In breve tempo l'artista può essere ingaggiato in decine di cerimonie di "cumparielli". Può cantare in Piazza per la celebrazione del Patrono del quartiere e in tutte le feste indette dal clan e dai suoi affiliati. Avrà i soldi per incidere un cd e lanciare i suoi brani su radio e TV locali.

Il mercato musicale neomelodico è dopato dalla presenza della camorra: chi la usa ha più chance degli altri di arrivare primo. Questo è il motivo per cui molti manager di cantanti ed organizzatori di feste sono stati accusati e sospettati di rapporti di collusione con i clan.

Con il passare del tempo si è sottovalutato il sostrato marcio della canzone neomelodica.

L'aver considerato questi brani il prodotto di una subcultura da spazzatura, ridicola per le sue imperfezioni linguistiche, per il look "trappano", per il business delle cerimonie, per i video un po' naif, ha fatto sottovalutare la possibilità che dietro quegli abbracci circolari a tutta la fascia d'ascolto e gli auguri per una presta guarigione o una presta libertà, si potesse celare un messaggio culturale degenerativo. Sono fiorite decine di macchiette che trasformano i cantanti neomelodici e i loro manager in un condensato di luoghi comuni che induce alla risata crassa piuttosto che ad una sottile riflessione sociale. Si insiste nel portare in scena la caricatura stereotipata del tamarro di periferia, volgarmente esilarante. La verità è che si tratta di un atteggiamento del tutto sbagliato: l'esaltazione della canzone neomelodica equivale ad un'esaltazione della malavita napoletana. Non è certo questa la strada per combattere la criminalità organizzata e inculcare nell'animo, soprattutto delle nuove generazioni, che la camorra non è lo Stato, ma solo un virus letale per l'intera società.

Avv. Sabrina Vitiello - criminologa

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