Il mancato riconoscimento e l'abbandono dei figli nati fuori dal matrimonio, da parte del padre, integra violazione dei doveri genitoriali che dà luogo al risarcimento dei danni non patrimoniali per la privazione del rapporto parentale, nonché al diritto di regresso alla madre per le spese sostenute per il mantenimento della prole.

Così ha deciso la Cassazione, nella sentenza n. 16657 depositata il 22 luglio 2014, confermando la statuizione della Corte d'Appello di Brescia che aveva condannato un uomo al pagamento di somme ai figli non riconosciuti e abbandonati a titolo di risarcimento per la lesione del diritto fondamentale inerente la qualità di figli e all'ex convivente a titolo di rimborso delle spese sostenute per il mantenimento degli stessi.

In particolare, ha affermato la Corte, "l'obbligazione di mantenimento dei figli nati fuori del matrimonio, essendo collegata allo status genitoriale, sorge con la nascita per il solo fatto di averli generati e persiste fino al momento del conseguimento della loro indipendenza economica, con la conseguenza che nell'ipotesi in cui, al momento della nascita, il figlio sia stato riconosciuto da uno solo dei genitori, il quale abbia assunto l'onere esclusivo del mantenimento anche per la parte dell'altro genitore, egli ha diritto di regresso nei confronti dell'altro per la corrispondente quota, sulla base delle regole dettate dagli artt. 148 e 261 c.c. (v. oggi l'art. 316 bis c.c., introdotto dal d.lgs. 28 dicembre 2013 n. 154) da interpretarsi alla luce del regime delle obbligazioni solidali stabilito nell'art. 1299 c.c.".

Il rimborso delle spese spettanti al genitore che ha provveduto al mantenimento del figlio fin dalla nascita, ancorché trovi titolo nell'obbligazione legale di mantenimento imputabile anche all'altro genitore, ha precisato la Corte, "ha natura in senso lato indennitaria, essendo diretto ad indennizzare il genitore, che ha riconosciuto il figlio, per gli esborsi sostenuti da solo per il mantenimento della prole", attraverso una liquidazione equitativa operata dal giudice del merito.

Quanto alla responsabilità per la violazione degli obblighi nascenti dal rapporto di filiazione, la Corte ha specificato che "la violazione dei doveri di mantenimento, istruzione ed educazione dei genitori verso la prole, a causa del disinteresse mostrato nei confronti dei figli per lunghi anni, ben può integrare gli estremi dell'illecito civile, cagionando la lesione di diritti costituzionalmente protetti, e dar luogo ad un'autonoma azione dei medesimi figli volta al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell'art. 2059 c.c.".

È la stessa privazione della figura genitoriale paterna, quale punto di riferimento fondamentale soprattutto nella fase della crescita, ad integrare "un fatto generatore di responsabilità aquiliana", la cui prova, secondo la S.C., può essere offerta, come rilevato dalla corte territoriale, "sulla base anche di soli elementi presuntivi", considerando "la particolare tipologia di danno non patrimoniale in questione, consistente nella integrale perdita del rapporto parentale che ogni figlio ha diritto di realizzare con il proprio genitore e che deve essere risarcita per il fatto in sé della lesione". 


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