Il lavoratore che si mette in malattia e viene poi sorpreso svolgere un altro lavoro rischia un'imputazione per truffa. La Corte di Cassazione ha però ricordato (con la sentenza 33743/2014) che una sentenza di condanna non può essere emessa se non si è prima accertato che il lavoro svolto durante la malattia ha ritardato la guarigione.


Già in precedenza la stessa corte con sentenza n. 26290 del 25 novembre 2013 aveva affermato che il lavoratore in malattia deve astenersi da qualsiasi condotta che possa pregiudicare le sue prospettive di guarigione (vedi: Cassazione: legittimo il licenziamento del lavoratore in malattia sorpreso a svolgere attività extralavorativa)


Con questa nuova sentenza

la suprema Corte ha annullato un provvedimento del GUP che assolveva il lavoratore dall'imputazione per truffa aggravata proprio sulla base del presupposto della nuova attività non avesse ostacolato il processo di guarigione. Nel caso di specie però trattandosi di un provvedimento del giudice dell'udienza preliminare, "solo una prognosi d'inutilità del dibattimento relativa all'evoluzione, in senso favorevole all'accusa, del materiale probatorio raccolto, può condurre a una sentenza di non luogo a procedere".


In buona sostanza il giudice dell'udienza preliminare può emettere sentenza di non luogo a procedere solo se non c'è una prevedibile possibilità che attraverso il dibattimento si possa pervenire a una diversa soluzione "e più in particolare quando l'insufficienza e la contraddittorietà degli elementi probatori acquisiti rivestano caratteristiche tali da non poter essere ragionevolmente superabili nel giudizio". 


La questione relativa allo svolgimento di un'altra attività lavorativa da parte del lavoratore assente per malattia assume rilievo anche sotto il profilo civilistico.


La sezione lavoro della cassazione civile (sentenza n. 10706/2008) ad esempio, aveva evidenziato come lo svolgimento di un'altra attività lavorativa durante l'assenza per malattia Potrebbe giustificare il "licenziamento per violazione dei doveri di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, oltre che nell'ipotesi in cui l'attività esterna sia di per sé sufficiente a far presumere l'inesistenza della malattia, anche quando la medesima attività, valutata 'ex ante' in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione e con essa il rientro del lavoratore in servizio".

La giurisprudenza della Cassazione in ogni caso ha sempre sottolineato che non sussiste un divieto assoluto di lavorare anche a favore di terzi durante l'assenza per malattia. 

Va però verificato:

1. che tale lavoro non sia svolto in concomitanza con la simulazione di uno stato di malattia.

2. che il secondo lavoro, per le sue caratteristiche, non possa pregiudicare o ritardare la guarigione prolungando così l'assenza dal lavoro;

3. che il secondo lavoro non integri una violazione del divieto di concorrenza.


E non basta occorre anche considerare che se la malattia rende lavoratore inoltre inidonea a svolgere alcune mansioni, ciò non toglie che egli potrebbe essere idonea a svolgerne altre all'interno della stessa azienda.


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