L'attività di mediazione svolta, anche in modo occasionale e discontinuo, da chi non è iscritto al ruolo degli agenti (o all'apposito albo) rende inesigibile la provvigione.

Lo ha affermato la terza sezione civile della Corte di Cassazione (sentenza n. 15842 depositata il 10 luglio scorso) dando torto a un avvocato che aveva svolto attività professionale in esecuzione di un incarico relativo all'affitto di un locale commerciale.

Condividendo le motivazioni della Corte d'Appello, la quale, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda proposta dal legale in ragione della netta prevalenza dell'incarico di mediazione rispetto all'attività legale ad essa affiancata, tanto da ritenere che il compenso pattuito per la prima inglobasse anche quello per la seconda, la S.C. ha sottolineato il principio "secondo cui le disposizioni della legge n. 39 del 1989 - applicabili ratione temporis - riservano ai soli iscritti al ruolo degli agenti di mediazione lo svolgimento di ogni attività di mediazione, anche se esercitata in modo occasionale o discontinuo, e prevedono l'inesigibilità della provvigione in caso di mancata iscrizione".

Ritenendo, pertanto, infondata la censura del ricorrente (che affermava, invece, l'esclusiva natura professionale forense del mandato ricevuto dal proprietario dell'immobile e quindi il diritto a percepire il relativo compenso), giacché, come emerso dagli elementi di fatto, l'incarico era stato esplicitamente subordinato alla condizione (tipica della mediazione e non del mandato) che le trattative andassero a buon fine e che l'affare fosse concluso, la Cassazione ha confermato la qualificazione operata dal giudice del merito in ordine all'ascrivibilità della fattispecie negoziale al modello della mediazione e non del mandato professionale stragiudiziale, per cui ha rigettato il ricorso, condannando il ricorrente al rimborso delle spese processuali. 


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