Avv. Silvia Covolo 

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L'art. 125 c.p.c., come modificato dall'art. 25, L. 12 novembre 2011, n. 183, rende obbligatoria l'indicazione, negli atti processuali, dell'indirizzo PEC comunicato dal difensore al proprio Ordine professionale. 

Al tempo stesso, l'art. 16, D.L. 185/2008 , convertito dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, impegna gli Avvocati iscritti ad un Albo a dotarsi di un indirizzo PEC entro un anno dall'entrata in vigore della nuova normativa, facendone comunicazione al proprio Ordine di appartenenza.

La ratio di tali disposizioni è quella di rendere possibili le comunicazioni di cancelleria in via telematica: ai sensi dell'art. 16, c. 4, D.L. 179/2012, convertito dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221, dal 18 febbraio 2013 tutti gli Uffici di Tribunale e le Corti d'appello sono tenuti a comunicare ai difensori "esclusivamente per via telematica all'indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblichi elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni". 

L'omessa indicazione dell'indirizzo PEC del difensore nell'atto introduttivo del giudizio trova una duplice sanzione: da un lato, l'art. 13, D.P.R. 115/2002, prevede l'aumento della metà del contributo unificato; dall'altro, lo stesso art. 16, c. 6, D.L. 179/2012, convertito dalla L. 221/2012, stabilisce che "Le notificazioni e comunicazioni ai  soggetti  per  i  quali  la legge  prevede  l'obbligo  di  munirsi  di  un  indirizzo  di   posta elettronica certificata, che non  hanno  provveduto  ad  istituire  o comunicare  il  predetto  indirizzo,  sono  eseguite   esclusivamente mediante deposito in cancelleria. Le  stesse  modalita'  si  adottano nelle ipotesi di mancata consegna del messaggio di posta  elettronica certificata per cause imputabili al destinatario".

L'introduzione della PEC, quale canale preferenziale per le comunicazioni inerenti al processo ex art. 170 c.p.c., ha quindi portato al superamento dell'istituto della domiciliazione ex lege, di cui all'art. 82, R.D. 37/1934.

A norma di quest'ultimo, gli Avvocati che esercitino il proprio ufficio al di fuori della circoscrizione di Tribunale al quale sono assegnati devono, all'atto della costituzione in giudizio, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l'autorità giudiziaria adita. 

In caso di mancata osservanza di tale adempimento, si considerano domiciliati ex lege presso la cancelleria della stessa autorità giudiziaria ove il procedimento sia radicato.

Il riferimento alla "circoscrizione" del Tribunale è correlato all'Albo degli Avvocati di cui al R.D.L. 1578 del 1933, tenuto dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati presso ciascun Tribunale, al quale gli Avvocati possono iscriversi su domanda, per l'esercizio della professione; il secondo riferimento topografico riguarda invece la sede dell'autorità giudiziaria dinanzi cui il giudizio è in corso, per cui l'Avvocato che si trovi ad esercitare al di fuori della circoscrizione di Tribunale a cui è assegnato è onerato dell'elezione di domicilio

nel Comune in cui ha sede il giudice adito. Si considera altrimenti domiciliato presso la cancelleria di quest'ultimo.

Ora, dotandosi di un indirizzo PEC, gli avvocati sono abilitati a ricevere le comunicazioni inerenti alla procedura senza dover eleggere domicilio presso un collega esercente la professione nella circoscrizione cui appartiene l'ufficio giudiziario  competente o senza, alternativamente, accollarsi l'onere di effettuare verifiche periodiche in cancelleria. 

Tuttavia, le nuove tecnologie possono portare con sé anche notevoli svantaggi, derivanti dal possibile malfunzionamento del sistema.

La giurisprudenza, per porre rimedio ai problemi applicativi che  talvolta si manifestano per le cancellerie e per gli avvocati, è giunta ad individuare un correttivo nella rimessione in termini, la cui applicazione è ormai generalizzata, grazie all'entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69: quest'ultima ha infatti comportato il "trasferimento" dell'istituto dall'abrogato art. 184bis c.p.c., riguardante la sola fase di trattazione del giudizio di cognizione, all'art. 153 c.p.c., dedicato ai termini processuali ed inserito tra le disposizioni generali di cui al Libro I. 

In particolare, le Sezioni Unite della Suprema Corte, con sentenza 20 giugno 2012, n. 10143, hanno concluso che può considerarsi domiciliato ex lege presso la cancelleria soltanto il difensore che abbia omesso di riportare, ai sensi dell'art. 125 c.p.c. e, nel caso specifico del ricorso per Cassazione, dell'art. 366 c.p.c., l'indirizzo PEC comunicato all'Ordine di appartenenza. 

Se è vero che l'art. 82, R.D. 37/1934 non opera per il giudizio di Cassazione, per il sol fatto che l'art. 366 c.p.c. prevede una disciplina analoga, identiche sono le conseguenze della mancata elezione di domicilio: le comunicazioni andranno effettuate presso la cancelleria della Corte di Cassazione, salvo che l'Avvocato abbia indicato nel ricorso il proprio indirizzo PEC.

Il Tribunale di Milano, con ordinanza della X Sezione Civile del 10.04.2013, facendo leva su questo stesso principio, ha accolto un'istanza di rimessione in termini formulata nell'ambito di un procedimento civile, concludendo per l'invalidità delle comunicazioni effettuate in cancelleria ex art. 51, c. 3, D.L. 112/2008 (convertito dalla L. 133/2008) allorquando il dominus, pur esercitando il proprio ufficio fuori dalla circoscrizione del Tribunale adito, abbia indicato, al momento della sua costituzione, l'indirizzo PEC comunicato all'Ordine degli Avvocati di appartenenza.

Nel caso in esame il difensore, pur avendo eletto domicilio presso un collega di Milano, aveva specificato nell'atto introduttivo del giudizio il proprio indirizzo PEC.

La cancelleria aveva inserito nel fascicolo il solo domiciliatario, peraltro non munito di un indirizzo a cui effettuare le notificazioni in  via telematica. Le comunicazioni erano quindi state effettuate in cancelleria. Il Tribunale meneghino, proprio alla luce della sentenza delle Sezioni Unite, n. 10143/2012, ha ritenuto che l'art. 125 c.p.c. debba portare alla disapplicazione delle norme sulla domiciliazione nel caso in cui il procuratore abbia correttamente indicato in sede di costituzione l'indirizzo PEC reso noto al proprio Ordine di iscrizione.

Se il progresso tecnologico e la crescente diffusione di nuove forme comunicative hanno portato al superamento dell'art. 82, R.D. 37/1934, nell'ottica della semplificazione, la rimessione in termini rappresenta un valido rimedio avverso i possibili errori del sistema informatico, come ben dimostra la giurisprudenza del Tribunale di Milano.

Lo stesso istituto potrà trovare applicazione anche come correttivo in caso di "corto circuito" del nuovo processo civile telematico, di cui al D.L. 24 giugno 2014, n. 90?

Non resta che attendere.

Avv. Silvia Covolo del Foro di Vicenza

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