Avv. Barbara Pirelli del Foro di Taranto; email: barbara.pirelli@gmail.com

Nel caso di sinistro stradale le parti, nell'immediato, compilano il c.d. CID cioè il modulo di constatazione amichevole del sinistro, in cui si riportano tutti i dati delle parti e viene brevemente descritta la dinamica.

Ma le dichiarazioni riportate nel CID, e anche la dichiarazione confessoria del responsabile del sinistro, non costituiscono piena prova. Sarà il giudice a valutarne l'attendibilità, così si è espressa recentemente la Corte di Cassazione e ,prendendo spunto da questa sentenza, allo stesso modo si è pronunciato il Tribunale di Brindisi in una causa sottoposta alla sua attenzione.

La vicenda in questione vede come attrice la figlia ed erede legittima di di una donna la quale,secondo il racconto della figlia, mentre si trovava in una Piazza di Brindisi veniva investita dall'autovettura Fiat 500 di proprietà di un signore il quale, uscendo da un parcheggio, aveva urtato con la parte posteriore del mezzo la donna procurandole gravi lesioni personali, con ricovero ospedaliero, e postumi rilevanti.

In seguito a ciò la donna dopo qualche tempo moriva,quindi, la figlia costituendosi in giudizio chiedeva il risarcimento dei danni derivati dal sinistro sia iure proprio che hereditatis.

Si costituivano in giudizio le Generali Ass.ni sostenendo che ci fossero forti dubbi sulla veridicità dell' accaduto, dato che dalla cartella clinica relativa al ricovero della donna risultava che questa ai sanitari dell'Ospedale aveva riferito di essere caduta mentre scendeva dalla macchina.

La Compagnia assicurativa faceva,inoltre, notare che l'attrice aveva, nel proprio atto difensivo, taciuto che l'investitore era nipote della vittima.

Dunque, in considerazione del rapporto di parentela tra il conducente e l'infortunata, era più verosimile che la nonna fosse stata trasportata a bordo della Fiat 500 e che, nello scendere dall'auto, avesse messo il piede in fallo procurandosi la lamentata frattura.

Il Tribunale di Brindisi, nella persona del dott. Cosimo Almiento ,con sentenza n. 557 del 25 marzo 2013, riteneva la domanda attorea infondata e dunque la rigettava per dei motivi ben precisi.

Innanzitutto, veniva evidenziato che il sinistro non era stato verbalizzato da alcun organo di polizia.

Inoltre, dalla cartella clinica relativa al ricovero ospedaliero della donna ottantenne, che aveva riportato una frattura pertrocanterica femore destro, risultava che la paziente aveva riferito  di essere caduta mentre scendeva dalla macchina.

Un dettaglio non trascurabile era che l'investitore fosse il nipote della donna e poi un testimone aveva dichiarato che l'anziana donna non era stata investita dall'auto, ma era caduta nel salire o scendere dall'autovettura.

In buona sostanza,  l'interrogatorio reso dall'investitore(il quale aveva riferito che mentre stava facendo retromarcia, aveva sentito un rumore ed aveva visto la nonna cadere)nonché il modulo di constatazione amichevole del sinistro (CID)non potevano considerarsi come prove a sostegno della tesi di parte attrice.

Il Tribunale, infatti, facendo riferimento a due pronunce della Suprema Corte (Cass. 6526/11, Cass. N. 25047/13)ha ricordato che la dichiarazione confessoria, contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro (CID), resa dal responsabile del danno proprietario del veicolo assicurato e litisconsorte necessario, non hanno valore di piena prova nemmeno nei confronti del solo confitente  ma devono essere liberamente apprezzati dal giudice.

Per queste ragioni era stata esclusa l'attendibilità delle dichiarazioni rese dal nipote in sede di interrogatorio.

Il Tribunale respingeva la domanda attorea e condannava il conducente  al pagamento in favore della Compagnia Assicurazioni Generali S.p.A. dei compensi difensivi del giudizio, liquidati in euro 3.000,00, oltre IV A, CAP.


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