di Paolo M. Storani - Già con la pronuncia n. 5910 dell'11 marzo 2011, Pres. Mario Finocchiaro ed Est. Maurizio Massera, che aveva riguardato il Comune di Sassari, si era affermato il principio dell'onere a carico del danneggiato di provare il nesso causale tra la cosa ed il danno.
Ora torna in argomento con altre precisazioni Cass., Sez. III, 10 marzo 2014, n. 5494, Pres. e Rel. Giovanni Battista PETTI, con Marco Rossetti, Giovanni Carleo, Giuseppina Luciana Barreca e Francesco Maria Cirillo a completare il Collegio, e si occupa della tragica vicenda di un automobilista, iniziali R.T., che, alla guida di una potente Bmw, perdeva la vita per l'asserita inidoneità della barriera protettiva della scarpata sovrastante un bacino

Il pilota, nell'effettuare una curva pericolosa, usciva di strada, urtava il muretto di protezione, lo infrangeva e sfondava e precipitava nel lago sottostante, decedendo.

Gli eredi, vedova e figli, convenivano avanti al Tribunale di Rieti la Provincia, ente custode e manutentore del tratto viario, e ne chiedevano la condanna al risarcimento di tutti i danni derivati dal decesso del congiunto.

Gli istanti, infatti, sostenevano che il muretto posto a protezione della curva pericolosa fosse inadeguato.

Si costituiva l'Amministrazione reatina contestando il fondamento della domanda.

Il Tribunale di Rieti rigettava le richieste dei familiari dell'automobilista deceduto nel sinistro, condannandoli alla refusione delle spese del grado.

Gli attori non si rassegnavano ed adivano la Corte d'Appello di Roma per la riforma della decisione di prime cure.
Con sentenza di data 30 gennaio 2007 la Corte distrettuale capitolina rigettava l'impugnazione con ulteriore condanna degli appellanti agli oneri del secondo grado per le spese sopportate dalla Provincia di Rieti.

La vicenda, per la giustificata ostinazione degli istanti, perveniva alla Corte Suprema; quella che segue è la sintesi dei motivi che ne fa l'autorevole e prestigioso Estensore.

Tale esposizione risulta estremamente utile anche per chi si trovasse ad affrontare un analogo, problematico ricorso per cassazione, pur con gli opportuni adattamenti conseguiti alle novità dei recenti interventi riformatori sulla disciplina del giudizio di legittimità (sui quali si rimanda, a mo' d'esempio, all'agile volume a cura di Luigi LEVITA, giudice del Tribunale di Nocera Inferiore, "Il ricorso per cassazione", edito da Nuova Giuridica, Matelica, nel febbraio 2014).

Infatti, il S.C. ha sì recepito il terzo motivo, sovvertendo in tal modo il responso della doppia conforme, Tribunale Rieti + Corte di Appello Roma, ed ha affermato a chiare note che sussisteva l'obbligo per l'ente gestore di custodire e manutenere quel tratto viario pericoloso.

Ma, purtroppo per i ricorrenti, la correzione della motivazione nel punto in cui esclude la responsabilità per custodia, in relazione all'inesigibilità del dovere di manutenzione e di tenere la strada in condizione di sicurezza, non dà esiti concreti e fausti ai fini dello statuire.

In ultima analisi, il risultato della statuizione - che pure inverte l'onere della prova a svantaggio della Provincia reatina - in ordine al fattore determinante della condotta umana, equivalente al caso fortuito, in concreto non rende la decisione correggibile e non permette, quindi, l'accoglimento delle richieste dei congiunti di R.T., deceduto nell'occorso.

'Nel primo motivo del ricorso si deduce error in iudicando per violazione e falsa applicazione del D.L. Lavori pubblici 4 maggio 1990,del D.M. 18 febbraio 1992, n. 233; dell'art. 41 c.p.; degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c., in relazione allo art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè il vizio della motivazione, omessa contraddittoria o insufficiente su punto decisivo.
I quesiti ai fogli 10 ed 11 del ricorso sono espressi nei seguenti termini:
"Ai sensi del D.Lgs. n. 285 del 1992, artt. 13 e 14, e del D.M. n. 233 del 1992, artt. 1 e 3, sussiste uno specifico dovere giuridico dell'ente pubblico, proprietario e gestore della strada, di installare apposite barriere di sicurezza,progettate ed omologate secondo le norme tecniche dettate dalla legge, nei tratti viari che si sviluppano su scarpate ad andamento discendente che arrivano fino ad un lago o ad altri corsi di acqua al fine di garantire per quanto possibile il contenimento di veicoli che tendano ad uscire dalla carreggiata?" "Una strada curvilinea, sviluppata lungo una scarpata discendente verso il lago, è soggetta alla applicazione del D.M. 2 febbraio 1992, n. 233, e conseguentemente all'obbligo dell'ente gestore di provvedere all'adeguamento delle barriere di sicurezza a margine della carreggiata attraverso la istallazione di guard rail progettati ed omologati secondo istruzioni tecniche predisposte in allegato al suddetto decreto?" Con il secondo motivo si deduce error in iudicando per violazione degli artt. 40 e 41 c.p., e degli artt. 112, 115 e 115 c.p.c., nonchè l'omessa motivazione su punto decisivo della controversia. Il quesito al foglio 15 recita: "Una barriera stradale inadeguata ed incapace di resistere all'urto di una vettura ad una velocità di 20 km orari può costituire causa autonoma e sufficiente della morte per annegamento del conducente del veicolo che, perdendo il controllo della vettura fuoriesca dalla carreggiata e precipiti nelle acque sottostanti dopo avere infranto la suddetta barriera?".
Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2051 e 2697 c.c., del D.M. n. 233 del 1992, 3 e 3, il D.Lgs. n. 285 del 1992, artt. 13 e 14, degli artt. 40 e 48 c.p., degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c., in relazione allo art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè il vizio della motivazione su punto decisivo delle controversia.
I quesiti sono formulati ai fogli 18 e 19 configurando la responsabilità della pubblica amministrazione con riferimento al bene demaniale di cui ha il controllo e la prevenzione delle situazioni di pericolo e sostenendo la tesi della responsabilità a norma dello art. 2051, con inversione dell'onere probatorio in caso di danno cagionato a terzi dalla cosa in custodia.
Con il quarto motivo si deduce: violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2697 c.c., del D.M. sopraccitato e del D.Lgs. n. 285 del 1992, artt. 13 e 14, artt. 40 e 41 c.p., artt. 112, 115 e 116 c.p.c., in relazione all'art. 350 c.p.c., n. 3, ed inoltre il vizio della motivazione su punto decisivo. Il quesito al foglio 21 recita: "Può escludere il giudice di merito aprioristicamente la sussistenza di una responsabilità ai sensi dello art. 2043 c.c., per mancanza degli elementi di insidia e trabocchetto, senza neppure procedere alla analisi del comportamento del danneggiante al fine di considerarne il carattere eventualmente colposo?".
"La mancata sostituzione, da parte del proprietario della strada, di una barriera stradale vetusta e costruita con materiali e tecniche inidonee a resistere allo impatto di una autovettura in marcia ad una velocità di venti km orari, può costituire comportamento colposo ai sensi dello art. 2043 c.c., ove dalla collisione con la suddetta barriera consegua la caduta nel lago sottostante della vettura e il conseguente decesso per annegamento del conducente?".
Con il quinto motivo si deduce error in iudicando per la violazione degli artt. 92 e 112 c.p.c., ed il vizio della motivazione in punto di mancata compensazione delle spese in presenza di giusti motivi come dedotti sin dal primo grado. Il quesito è in termini al foglio 25.
A tutti i motivi ha replicato il controricorrente anche con memoria.
CONFUTAZIONE IN DIRITTO. Il ricorso, pur articolandosi in cinque motivi, di cui i primi quattro attengono alla ricostruzione della dinamica del sinistro ed alla imputazione alla Provincia della responsabilità civile, ai sensi dell'art. 2043 c.c., avendo la Corte escluso l'obbligo di custodia per le particolari estese dimensioni della strada provinciale, non può trovare accoglimento, in quanto i motivi, pur dotati di quesiti sufficientemente specifici, non appaiono congrui, i primi quattro, a dimostrare la erroneità della motivazione della Corte di appello in tema di ricostruzione della dinamica, del nesso di causalità e della condotta del conducente del mezzo che guidava in stato di ebbrezza, senza indossare le cinture di sicurezza, in un tratto di strada che recava ben visibili i segnali di pericolo, anche in ora notturna.
Al foglio 7 della motivazione si legge dunque che R.T. non era in grado di guidare in condizioni di sicurezza una potente autovettura e che uscì di strada, sfondando il muretto e precipitando nella scarpata, mentre avrebbe potuto evitare tale evento se fosse stato compos sui, tanto più che le caratteristiche della strada che frequentava abitualmente, gli erano note.
Pur dovendosi correggere la motivazione nel punto in cui esclude la responsabilità per custodia, in relazione alla inesigibilità del dovere di manutenzione e di tenere la strada in condizione di sicurezza, il risultato della statuizione in ordine al fattore determinante della condotta umana, equivalente al caso fortuito, in concreto non rende la decisione emendabile con l'accoglimento del terzo motivo, essendo ormai consolidato lo indirizzo giurisprudenziale di questa Corte, secondo cui, pur dovendosi applicare alla provincia, quale custode e manutentore della strada, il criterio della inversione dell'onere della prova, nel caso di specie è stato accertato il fattore esterno costituito dal fatto dello stesso danneggiato che ha rotto il nesso eziologico tra la cosa in custodia e lo evento lesivo. Vedi in tal senso le recenti Cass. 11 marzo 2011, n. 5910, e Cass. 13 febbraio 2006, n. 22284.
Orbene, la chiara ratio decidendi della motivazione non risulta oggetto di specifica impugnazione in nessuno dei primi quattro motivi del ricorso, che risultano pertanto incongrui rispetto alla fattispecie considerata dai giudici del merito, a base del rigetto delle pretese risarcitorie.
Resta inammissibile il quinto motivo posto che le spese di lite seguono il criterio della soccombenza, che sussiste anche in questa sede.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato per la incongruità dei primi quattro motivi e la inammissibilità del quinto. I ricorrenti sono tenuti a rifondere alla Provincia di Rieti le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo."

Per dovere di cronaca, gli istanti hanno dovuto sopportare per la terza volta il carico delle spese legali che la decisione del S.C., adottata nella camera di consiglio del 17 ottobre 2013, ha quantificato in € 3.200,00.

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