Di Laura Tirloni - Da alcune ricerche condotte da Isabelle Ouellet-Morin presso l'Università di Montreal, su un campione di gemelli omozigoti, è stato messo in luce che le esperienze traumatiche di bullismo vissute durante l'infanzia sarebbero in grado di determinare mutamenti persistenti nell'area Ipotalamo-Ipofisi-Surrene e nella struttura del gene deputato al trasporto della Serotonina (SERT), la "molecola del buonumore". Lo studio ha riguardato 28 coppie di gemelli identici analizzati a differenti età e soprattutto prima e dopo che uno dei due fratelli fosse colpito da atti di bullismo. 

Questi soggetti, rispetto ai fratelli gemelli, mostravano una chiara variazione della struttura del gene SERT, quindi una minore efficienza degli effetti della Serotonina, il che determinava un conseguente difetto nella regolazione dell'umore. Veniva inoltre riscontrata una evidente riduzione nella produzione del Cortisolo, l'ormone dello stress. Con questo studio, la ricercatrice ha dimostrato che il nostro repertorio genetico non è immutabile come si sarebbe portati a credere, bensì i fattori socio-ambientali sarebbero in grado di modificarne la struttura e il funzionamento. 

I soggetti vittime di bullismo, risulterebbero quindi più predisposti a sviluppare un disturbo dell'umore e mostrerebbero una maggiore vulnerabilità allo stress. La ricerca, avviata nel 1994 e pubblicata su "Psychological Medicine", è ancora in atto e il suo intento è quello di seguire i gemelli fino all'età adulta, per verificare gli effetti psicologici a lungo termine del bullismo, ossia verificare se le vittime hanno sviluppato un disturbo dell'umore in età adulta e se le esperienze di violenza subita possano indurli a comportamenti aggressivi. La ricercatrice si sta infatti concentrando sullo studio di casi che vedono soggetti disturbati, tra i 18 e i 25 anni, aprire il fuoco in luoghi pubblici o compiere altri atti di violenza, per verificare se le manifestazioni di aggressività possano essere ricondotte all'essere stati, a loro volta, vittime di atti violenti.

In un'altra ricerca condotta dalla Ouellett-Morin presso l'Istituto Psichiatrico di Londra, si è evidenziato come le vittime di bullismo, ma anche di mobbing (che ne è parente stretto) presentino più spesso problemi comportamentali e psicologici e siano più soggette ad assumere antidepressivi, ansiolitici e ipnotici.

Nonostante che oggi si parli spesso di bullismo e che siano stati fatti passi avanti anche sul piano legislativo per tentare di arginare il fenomeno, i provvedimenti appaiono ancora inadeguati, soprattutto di fronte al dilagare del cyber-bullismo. A questo proposito risulta di fondamentale importanza porre attenzione non solo alle conseguenze a breve termine del fenomeno, ma anche agli effetti fisiologici e psicologici che le vittime possono riportare nel lungo periodo. Bisogna quindi intervenire a diversi livelli per arginare il problema, sia sul piano della prevenzione, sia fornendo un adeguato sostegno psicologico alle vittime, per aiutarle a superare il trauma e a minimizzare il danno.

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