di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione prima, sentenza n. 6829 del 24 Marzo 2014. 

Se l'esecuzione della delibera di esclusione di un socio di società in nome collettivo sottoposta ad opposizione (proposta dall'interessato, ex art. 2287 cod. civ., al Tribunale territorialmente competente) viene sospesa, la reintegrazione dello stesso avviene ex tunc, dunque in formula piena, nell'interezza dei diritti posseduti prima della formulazione della stessa. E' scorretto, così come deciso dal giudice del merito, ritenere che l'accoglimento dell'opposizione da parte del Tribunale possa avere meri effetti dichiarativi e strumentali. Si tratta di un vero e proprio errore di interpretazione della legge, dunque di violazione di legge, vizio sollevabile innanzi alla Corte di Cassazione.

Nel caso in oggetto in ambito di procedimento di dichiarazione di fallimento di una società a nome collettivo, la Corte d'Appello ha affermato che "la pronuncia che decide sulla legittimità o meno dell'esclusione del socio non è una sentenza costitutiva di annullamento ma è meramente podromica alla domanda di liquidazione della quota e della richiesta di liquidazione del danno". Secondo la Suprema Corte, al contrario, a norma dell'art. 2287 cod. civ., come sopra esposto, tale affermazione è errata e va cassata con rinvio. Conclude la Corte formulando un importante principio di diritto, sopra sintetizzato, e affermando chiaramente che "va quindi esclusa la natura meramente dichiarativa e strumentale dell'annullamento della delibera

di esclusione così come affermato dalla Corte di appello (...) con riferimento a una pronuncia di merito".


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