di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione lavoro, sentenza n. 7107 del 26 Marzo 2014. 

Nell'ambito del lavoro pubblico contrattualizzato la pubblica amministrazione, in determinate circostanze, gode di un certo margine di discrezionalità. Salvo casi eccezionali (si pensi a determinate categorie di lavoratori impiegati in ambiti particolari, come i magistrati) in quanto a giurisdizione, pubblico impiego e lavoro privato sono equiparati: competente a conoscere della causa tra il dipendente e la pubblica amministrazione - datore di lavoro è il giudice ordinario. Ciò è espresso chiaramente all'art. 63 del d. lgs. 165/2001 (rubricato "norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche"; nella specie, l'art. 63 riguarda la giurisdizione nei rapporti di lavoro). Il giudice ordinario ha infatti il potere di emettere "sentenze di accertamento, di condanna e costitutive nei confronti della pubblica amministrazione", nei limiti tuttavia della "scelta fiduciaria", ambito riservato alle scelte discrezionali della pubblica amministrazione. Infatti "il giudice ordinario può emettere una pronuncia costitutiva del rapporto di pubblico impiego contrattualizzato soltanto si tratti di attività vincolata e non discrezionale e non quando si tratti di scelta fiduciaria".

Nel caso di specie è tuttavia legittimo che il dirigente, al quale sia stato preferito altro candidato, possa dolersi innanzi al giudice ordinario dell'adozione, da parte dei pubblici uffici, di politiche discriminatorie. Pur avendo discrezionalità

la pubblica amministrazione deve infatti pur sempre rispettare i canoni generali vigenti nel nostro ordinamento e applicabili a qualsiasi tipo di rapporto di lavoro; si tratta in particolare della buona fede e della correttezza contrattuale, enunciati agli articoli 1175 e 1375 cod. civ. e sicuramente applicabili anche nel caso in oggetto.


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