Avv. Barbara Pirelli del Foro di Taranto; email: barbara.pirelli@gmail.com

Prima di entrare nel merito della vicenda, volevo fare un ringraziamento particolare al collega Domenico Lenoci  che esercita a Foggia ed è GOT al tribunale di Bari (si occupa anche di mediazione). Grazie a lui sono venuta a conoscenza di questa interessante ordinanza.


Il caso di cui si è occupato il Tribunale campano riguarda un ricorso per accertamento tecnico preventivo (ex art.696 cpc) presentato dall'inquilino di un immobile con lo scopo di accertare le cause che avevano determinato fenomeni umidificatori con relative macchie di muffa.

La parte resistente (cioè il locatore) aveva eccepito che non vi fossero i presupposti per disporre un accertamento tecnico sulla scorta del fatto che in più occasioni si era resa disponibile per accertare le cause delle infiltrazioni mentre la parte ricorrente non aveva dato alcun seguito agli inviti conciliativi del proprietario dell'immobile.

Il giudice, analizzando anche la documentazione (lettere raccomandate), ha rigettato la domanda proposta dall'inquilino perché era emerso in maniera evidente l'atteggiamento collaborativo del locatore che si era adoperato fattivamente al fine di evitare che la controversia approdasse in Tribunale. Secondo il giudicante nel caso di specie non vi è un "pregiudizio irreparabile" che tale da giustificare il ricorso alla tutela cautelare dell' a.t.p.

L'inquilino, infatti, avrebbe dimostrato maggiore collaborazione se avesse dato seguito agli inviti conciliativi del proprietario dell'immobile; quindi, l'atteggiamento del conduttore va letto in maniera negativa perché invece di definire bonariamente la controversia ha preferito agire in giudizio aggravando i tempi e i costi della giustizia. 


Nel caso di specie inoltre, mancava il "periculum in mora" perché su ammissione degli stessi inquilini i fenomeni umidificatori erano già presenti al momento della stipula del contratto di locazione.

In buona sostanza, il giudice non solo ha condannato i ricorrenti a rifondere in favore della parte resistente le spese processuali ma ha anche accolto la richiesta di condanna ex art. 96 comma 3 c.p.c. perché è stata ravvisata malafede nel fatto di non aver adottato un atteggiamento collaborativo per la definizione in via stragiudiziale della questione.

Nell'ordinanza, del 23 dicembre 2013, prima sezione civile, il giudice  ha sottolineato che l'atteggiamento non collaborativo dell'inquilino ha frenato il sistema giustizia con un ulteriore procedimento inutile. Inoltre questo tipo di condotta risulta molto lontana dalla nuova prospettiva in cui, secondo la legge 98/2013 sulla  mediazione civile obbligatoria, l'avvocato ha un ruolo di mediatore di diritto e il suo compito e' dunque fondamentale prima ancora che nella fase del giudizio nella fase di assistenza nelle mediazioni obbligatorie.

In considerazione di ciò il cittadino deve rivolgersi al Tribunale solo come "extrema ratio" cioè quando le sue ragioni non possono essere soddisfatte in via stragiudiziale.

Diversamente, ricorrere in maniera pretestuosa in Tribunale non fa altro che rallentare ed ingolfare il sistema giustizia.


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