di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione lavoro, sentenza n. 5730 del 12 Marzo 2014. E' illegittimo il licenziamento intimato al dipendente che si rifiuta di adempiere ai propri doveri a seguito di trasferimento a sua volta illegittimo

Nel caso preso in esame dalla Corte è stato accertato che un dipendente sindacalista era stato trasferito ad altra sede aziendale proprio in concomitanza ad una riunione organizzata per procedere alla sua elezione. Il comportamento dell'azienda è stato qualificato dal giudice del merito come condotta antisindacale e quindi esaminato congiuntamente alla successiva e conseguente insubordinazione del sindacalista.

Secondo la Suprema Corte, a nulla rileva il comportamento assunto dal dipendente a seguito di tale trasferimento, ritenuto dall'azienda oltraggioso: lo stesso infatti avrebbe proferito accuse verbali nei confronti di alcuni vertici societari. Osserva la Suprema Corte che nel caso in oggetto il giudice del merito ha correttamente proceduto ad una comparazione degli inadempimenti delle parti ("avuto riguardo anche alla loro proporzionalità e rispetto alla funzione economico-sociale del contratto

ed alla loro rispettiva incidenza sull'equilibrio sinallagmatico, sulle posizioni delle parti e sugli interessi delle stesse"); e che, a seguito di congrua motivazione - la quale rende tale profilo incensurabile in sede di legittimità - è giunto alle conclusioni sopra esposte, ritenendo altresì opportuno che l'azienda non procedesse al risarcimento del danno derivante dal proprio comportamento illegittimo. "L'illegittimo comportamento del datore di lavoro può giustificare il rifiuto della prestazione lavorativa purchè tale reazione sia connotata da caratteri di positività, risultando proporzionata e conforme a buona fede". Ciascuno dei due ricorsi, il principale proposto dall'azienda e l'incidentale da parte lavoratore licenziato, è rigettato.


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