di Marco Massavelli - L'articolo 23, legge 24 novembre 1981, n. 689 ha, da sempre, disciplinato il procedimento relativo al giudizio di opposizione avanti al giudice di pace (o al tribunale, nei casi specificati dall'articolo 22-bis) nei confronti dell'ordinanza-ingiunzione emessa per le violazioni amministrative. La sentenza 19 febbraio 2014, n. 3902, della VI° Sezione civile della Corte di Cassazione consente alcune riflessioni sulle modifiche apportate all'articolo 23, legge 689/81, dal 2006 ad oggi.


Originariamente, l'articolo 23 sanciva che la sentenza del giudice di pace

(o del tribunale) era inappellabile, ma era ricorribile per Cassazione. Con le modifiche apportate dall'articolo 26, decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 40, applicabile alle ordinanze pronunciate e alle sentenze pubblicate a decorrere dal 2 marzo 2006, il ricorso diretto per cassazione "è esperibile soltanto nei confronti dell'ordinanza del Giudice di Pace che dichiara inammissibile l'opposizione alla sanzione amministrativa per proposizione del relativo ricorso oltre il termine" di cui all'articolo 22, legge 689/1981, mentre l'unico mezzo di impugnazione ordinario avverso sentenze e ordinanze del giudice di pace
è costituito dall'appello. Con il decreto legislativo 1 settembre 2011 , n. 150, sono stati infine abrogati l'articolo 22 (è rimasto un solo comma, che stabilisce che l'opposizione contro l'ordinanza-ingiunzione di pagamento e contro l'ordinanza che dispone la sola confisca è regolata dall'articolo 6, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150), gli articoli 22-bis e 23 completamente: le opposizioni all'ordinanza-ingiunzione per tutte le violazioni amministrative e al verbale di accertamento delle violazioni amministrative di cui al codice della strada sono, ora, disciplinate dagli articoli 6 e 7, decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150. Non facendosi più riferimento alla procedura di appello o ricorso in cassazione, si ritiene, quindi applicabile la procedura generale prevista dal codice di procedura civile.

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