La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione (Sent. 16626/2003) ha stabilito che in caso di lavoro prestato oltre il sesto giorno consecutivo, con riposo compensativo ricadente nella settimana successiva, ove il lavoratore richieda, in relazione alle indicate modalità della prestazione (oltre al compenso per lavoro festivo nel caso di prestazione coincidente con la giornata di domenica) anche il risarcimento del danno non patrimoniale (per usura psicofisica o per la lesione del diritto alla salute o del diritto alla libera esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana) è tenuto ad allegare e provare il pregiudizio del suo diritto fondamentale. I Giudici del Palazzaccio hanno inoltre precisato che, nell'ambito specifico di tale prova (che può essere data in qualsiasi modo, quindi anche per presunzioni relative e per fatto notorio), "sia per quanto il danno alla professionalità sia per quello biologico, il lavoratore ha l'onere di provare l'esistenza del danno, nonché del nesso causale con l'inadempimento
dal datore di lavoro, dimostrazione senza la quale non è possibile procedere ad una valutazione equitativa, posto che la mera potenzialità lesiva della condotta del datore di lavoro non è sufficiente, richiedendosi invece sempre la prova del danno" e che, nella valutazione della suddetta prova non può "esservi alcun pregiudizio se vi è recupero in tempi brevi, tanto più se si tratta di un lavoro che non dispiace, con impegno fisico non eccessivo, e se il differimento avviene non per imposizione unilaterale del datore di lavoro, ma con il proprio consenso" del lavoratore.

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