Ritenute d'acconto: la cassazione conferma la responsabilita' solidale del 'sostituìto' (Sentenza 23121/2013)

Dott. Marco Passante  - Anche questa volta la Cassazione conferma la giurisprudenza sfavorevole nei confronti del percipiente (libero professionista, lavoratore dipendente, ecc.), soggetto "sostituìto d'imposta, che si ritrova così a pagare due volte le imposte sul reddito, a causa dell'omesso versamento della ritenuta d'acconto operata dal committente "sostituto d'imposta".

La recente sentenza della Cassazione - Sezione Tributaria (n.23121 dell'11 ottobre 2013), infatti, a proposito dell'omesso versamento all'Erario da parte del sostituto d'imposta, ha dato torto al dipendente a cui il Fisco, per solidarietà, aveva chiesto il pagamento delle ritenute che il datore di lavoro aveva omesso di versare, nonostante le avesse trattenute dalla sua retribuzione. 

Svolgimento del processo

P.C.C. impugnava dinanzi alla CTP di Imperia avviso di accertamento emesso dall'Agenzia delle Entrate, Ufficio di Sanremo, relativo ad IRPEF, ILOR e CSSN per il 1995, contestando, tra l'altro, di essere solidalmente responsabile con il suo datore di lavoro per il pagamento delle ritenute in acconto non versate.

L'adita CTP accoglieva il ricorso, ritenendo che l'Amministrazione avrebbe dovuto preventivamente escutere il patrimonio del datore di lavoro e solo in caso di esito negativo emettere l'accertamento nel confronti del lavoratore.

Con sentenza

depositata il 23-1-2006 la CTR di Genova rigettava l'appello dell'Agenzia; in particolare la CTR rilevava che l'art. 35 dpr 602/73 subordinava espressamente il sorgere del vincolo di coobbligazione in solido del "sostituito" ai momento dell'iscrizione a ruolo del "sostituto" in ordine alle imposte per le quali quest'ultimo non aveva effettuato né le ritenute né i relativi versamenti (circostanza non verificatasi nel caso di specie); soggiungeva che il reddito di lavoro del contribuente appariva essere la sua unica fonte di reddito e quindi non concorreva a formare la base imponibile insieme ad altri redditi; di conseguenza la ritenuta di imposta non aveva più il carattere dì ritenuta d'acconto ma quello di ritenuta definitiva di imposta, rispetto alla quale, come prima evidenziato, la posizione del "sostituito" era residuale e diveniva operante solo nel caso fosse stata accertata l'omissione del "sostituto" in ordine sia alla ritenuta sia al versamento.

Avverso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione l'Agenzia, affidato ad un motivo; il contribuente non svolgeva attività difensiva.

Motivi della decisione

Con l'unico motivo l'Agenzia, deducendo -ex art. 360 n. 3 cpc- violazione e falsa applicazione dell'art. 35 dpr 602/73, rilevava che erroneamente la CTR aveva ritenuto che in presenza di un'unica fonte di reddito costituita da lavoro dipendente operasse il sistema della ritenuta d'imposta [con conseguente posizione residuale del sostituito e non applicabilità del detto art. 35); al riguardo evidenziava che il su menzionato art 35 si limitava all'espressa previsione della solidarietà tra sostituto e sostituito nella fase di riscossione ma che non vi era alcuna ragione per escludere i redditi di lavoro dipendente- che sipongono quale unica fonte di reddito- dall'applicabilità della ritenuta alla fonte a titolo di acconto (con conseguente previsione della solidarietà tra sostituito e sostituto ex art. 35 cit). Il motivo è fondato.

Va innanzitutto precisato che, come ribadito da questa Corte (v. Cass. 4509/2012), costituisce ritenuta a titolo di acconto quella operata su di un reddito che concorre a formare la base imponibile, mentre costituisce ritenuta a titolo di imposta quella operata su di un reddito non assoggettabile ad imposizione; in altre parole: se il reddito in questione non è esente da imposta e concorre a formare la base imponibile, la ritenuta è appunto un acconto, la cui definitiva congruità dovrà essere valutata in sede di consuntivo, il quale potrà evidenziare la sussistenza di un ulteriore debito o del diritto al rimborso; se, invece, il detto reddito non concorre a formare la base imponibile, la ritenuta costituisca un'imposta "secca", avendo evidentemente il legislatore ritenuto trattarsi comunque di una manifestazione di ricchezza, come tale assoggettabile a prelievo in via definitiva, in misura non ancorata all'ammontare complessivo dei redditi del contribuente.

Siffatta classificazione non appare, tuttavia, rilevante nel caso di specie, in quanto, a prescindere se la ritenuta sia prevista a titolo di imposta o a titolo di acconto, il fatto che il D.P.R. n. 600 del 1973, articolo 64, comma 1, definisca il sostituto d'imposta come colui che "in forza di disposizioni dì legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri… ed anche a titolo di acconto" non toglie che, in ogni caso, anche il sostituito debba ritenersi già originariamente (e non solo in fase di riscossione, come espressamente ribadito dai citato art. 35) obbligato solidale al pagamento dell'imposta; soggetto perciò egli stesso all'accertamento ed a tutti i conseguenti oneri. Fermo restando, ovviamente, il diritto di regresso verso il sostituto che, dopo avere eseguito la ritenuta, non l'abbia versata all'erario, esponendolo così all'azione del fisco (Cass. 14033/2006; 24962/2010).

Alla stregua di quanto sopra, pertanto, in accoglimento del ricorso, va cassata la gravata sentenza, che non ha fatto corretto uso del predetto principio, con rinvio per nuovo esame alla CTR Liguria, diversa composizione, che provvedere anche alla regolamentazione delle spese di lite relative al presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la gravata sentenza e rinvia per nuovo esame alla CTR Liguria, diversa composizione, che provvedere anche alla regolamentazione delle spese di lite relative al presente giudizio di legittimità.

Dott. Marco Passante

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