di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione tributaria, sentenza n. 658 del 15 Gennaio 2014. Le operazioni commerciali compiute entro i confini dello Stato sono sottoposte al regime fiscale ordinario. Per particolari categorie di operazioni sono invece previste altre tipologie di tassazione che esulano dal normale regime iva; uno di questi è il c.d. regime di margine che si applica a determinate categorie di contribuenti con precisi requisiti (nel caso di specie, ad esempio, ad un concessionario, rivenditore di auto usate). Per fondare la legittima applicazione del regime di margine sono necessari alcuni requisiti, i quali devono sussistere contemporaneamente. Il regime di margine, che comporta l'indetraibilità dell'Iva sugli acquisti e sull'importazione dei beni usati, si applica rispettivamente: al privato, sia all'interno dello Stato che dell'UE; al soggetto passivo, che non ha potuto detrarre all'atto d'acquisto l'imposta; al soggetto passivo comunitario in regime di esonero nel proprio Stato; al soggetto passivo d'imposta che abbia assoggettato l'operazione al regime del margine.


Sul punto la Suprema Corte, sezione tributaria, si è espressa nel senso che "il regime del margine si applica in quanto il contribuente riesca a dimostrare la sussistenza dei presupposti di fatto che giustificano la deroga al normale regime impositivo". La questione è dunque essenzialmente di carattere probatorio. "Il rischio fiscale dell'operazione intracomunitaria, realizzata con applicazione del regime del margine ma in difetto dei presupposti richiesti non può che ricadere sul concessionario che, nei limiti imposti dall'onere di diligenza richiesto in base alle concrete circostanze, non abbia verificato preventivamente la regolarità sostanziale dell'operazione". La Cassazione, nel concludere il proprio esame e a sostegno della propria tesi, cita inoltre consistente giurisprudenza comunitaria. Non basta che la documentazione prodotta dal contribuente non sia contraffatta: mancando nel caso di specie la prova richiesta dalla legge, risulta impossibile applicare il conseguente regime fiscale

invocato dalla società resistente, la quale, secondo la Suprema Corte, è di fatto evaso il fisco omettendo versamenti dovuti allo Stato italiano.


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