di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione lavoro, sentenza n. 28426 del 19 Dicembre 2013. E' legittimo licenziare un lavoratore appartenente alle categorie protette, motivando l'atto in una sopravvenuta inutilità aziendale del soggetto rispetto alle mansioni in precedenza svolte? Nel caso in oggetto un'orfana di guerra, rientrante tra le categorie protette dall'ordinamento, veniva assunta da un'azienda che, a suo dire, la adibiva a mansioni non compatibili con il suo stato di salute; e che, a seguito di emissione di certificato di inidoneità medica, le erano state assegnate nel tempo mansioni sempre minori, sino a giungere al licenziamento impugnato, ritenuto dalla stessa illegittimo poiché adottato in violazione della riserva ex legge 68/1999 e comunque intimato in un periodo di malattia. Sia in primo che in secondo grado di giudizio il giudice del merito confermava l'efficacia del licenziamento a partire dal termine del periodo di malattia. Avverso tale sentenza l'interessata propone ricorso in Cassazione.


La Suprema Corte interpreta la portata normativa dell'art. 10 della legge sopra citata, la quale prevede che è possibile procedere al licenziamento dei lavoratori appartenenti alle categorie protette

per riduzione del personale o per giustificato motivo oggettivo, sempre che il numero dei dipendenti abili rimasti sia inferiore alla quota di riserva prevista dalla medesima normativa. Tuttavia, nel caso di specie, i motivi che hanno spinto l'azienda a licenziare la ricorrente esulano da queste circostanze, essendo invece strettamente collegate alla sua inabilità fisica alle mansioni richieste. Dalle risultanze di causa è emerso che "la prestazione parziale e frammentata che (la ricorrente) era in grado di offrire non poteva essere utilmente impiegata in azienda". Né era possibile procedere ad una ricollocazione della risorsa. Il licenziamento intimato per tale causa, considerata un giusto motivo oggettivo, è dunque esente da vizi; né può la Corte di legittimità sindacare le scelte operate dal giudice del merito ove, come in questo caso, le sue motivazioni siano valide e ragionevoli.


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