di Licia Albertazzi - Si ringrazia Vincenzo Pisapia, il quale, segnalando alla redazione tale importante pronuncia, ha consentito la redazione del presente articolo.

Tema molto discusso, non solo a livello nazionale, è quello dei diritti e degli obblighi dei passeggeri del trasporto ferroviario. Quello dei trasporti pubblici è settore che ha subito nel tempo importanti trasformazioni sia dal punto di vista normativo sia economico-organizzativo; l'ingresso sul mercato di società private ha imposto allo Stato italiano la predisposizione di specifiche cautele atte a garantire agli utenti-passeggeri un servizio uniforme e conforme a normative sia nazionali che europee.

Uno degli strumenti maggiormente utilizzati dalle compagnie ferroviarie nel disciplinare i rapporti tra le stesse e i passeggeri è la carta dei servizi, un insieme di regole contemplanti sia oneri a carico dei viaggiatori ma anche e soprattutto standard qualitativi che la compagnia si impegna a rispettare, pena la restituzione del prezzo del biglietto o, ad esempio, l'applicazione di sconti ed agevolazioni per determinati periodi di tempo. In Italia è stata recentemente istituita l'Autorità Garante dei Trasporti, attualmente inclusa all'interno dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Antitrust). E' dunque compito di quest'organismo verificare l'operato delle diverse imprese di trasporto private esercitanti pubblico servizio, dislocate su tutto il territorio nazionale, con poteri di regolamentazione, di ispezione e sanzionatori. Verrà in questa sede esaminata una recente pronuncia della Corte di Giustizia dell'Unione Europea (del 26 Settembre 2013), sentenza interpretativa del regolamento n. 1371/2007 concernente appunto i diritti e gli obblighi dei passeggeri del trasporto ferroviario.

In particolare, la Corte segnala come scopo della predetta normativa europea sia quello di favorire lo "sviluppo delle ferrovie comunitarie e l'introduzione di diritti per i passeggeri" tuttavia pur sempre nel rispetto del principio di sussidiarietà: laddove essi "non possono essere realizzati in maniera sufficiente dagli Stati membri" e invece "possono essere dunque realizzati meglio a livello comunitario", allora "la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'art. 5 CE". Ogni Stato membro è quindi libero di adottare, nel rispetto del regolamento di riferimento, le proprie condizioni generali di trasporto; salvo poi la facoltà delle singole imprese ferroviarie di adottare condizioni maggiormente favorevoli ai passeggeri. In Unione Europea

restano fermi i criteri base per la determinazione dell'indennizzo da ritardo dovuti al passeggero, in particolare:

- in caso di ritardo compreso tra 60 e 119 minuti: 25% del costo del biglietto; - in caso di ritardo pari o superiore a 120 minuti: 50% del costo del biglietto.
Tale indennizzo deve essere corrisposto entro un mese dalla domanda e può consistere anche in emissione di buoni o servizi alternativi.
Conclusa la doverosa premessa interpretativa di normativa comunitaria, la Corte di Giustizia si concentra sulla compatibilità di previsioni normative operanti all'interno dello Stato membro interessato (in questo caso, il diritto austriaco) rispetto alla sopra citata normativa comunitaria. I giudici della Corte europea sono stati chiamati ad esprimersi circa la possibilità della commissione di vigilanza austriaca di imporre all'impresa ferroviaria la modifica di clausole contrattuali di esclusione della responsabilità verso i viaggiatori; modifica da eseguirsi tassativamente sulla base di formulazione testuale espressa dalla stessa commissione. La controversia verte in particolare in tema di: colpa del passeggero; comportamento del terzo trasportatore in alcune ipotesi tassative; circostanze esterne (caso fortuito e forza maggiore); riduzione del servizio a causa di sciopero (a patto che la notizia sia stata adeguatamente portata a conoscenza dei viaggiatori); prestazioni di trasporto che non costituiscano parte del contratto di trasporto.
Nel fornire la propria interpretazione la Corte di Giustizia Europea ricorda come la natura stessa dei regolamenti comunitari sia quella di incidere direttamente negli ordinamenti degli stati membri, senza necessità di emanazione di alcuna normativa di recepimento. Tuttavia, a temperare la portata applicativa di tale caratteristica, ammette in alcuni casi la necessità di adozione di idonee misure applicative. Nella regolamentazione dei rapporti ferroviari imprese-viaggiatori il legislatore comunitario non ha specificato quali misure debbano essere in concreto adottate. Ciò induce a ritenere che il regolamento in oggetto non possa essere interpretato nel senso di consentire agli organismi garanti di "imporre alle imprese ferroviarie il contenuto concreto delle loro clausole contrattuali relative alle condizioni d'indennizzo". Resta inteso comunque che le norme comunitarie debbano essere interpretate dal giudice nazionale nel senso di garantire ai viaggiatori la tutela dei loro diritti; senza però, come nel caso di specie, permettere agli organismi di vigilanza di adottare misure coercitive che nel regolamento comunitario non trovano alcun tipo di fondamento giuridico. In definitiva la Corte europea ha statuito che: - gli organismi interni di vigilanza non possono imporre alle imprese ferroviarie il contenuto testuale delle loro condizioni contrattuali; - le imprese ferroviarie, d'altra parte, non possono indebitamente inserire clausole di esclusione della responsabilità (e dunque, esoneri d'indennizzo) in casi di forza maggiore ed in generale per cause dovute ad eventi imprevedibili. Un'importante pronuncia che, pur essendo indirizzata all'Austria, avrà sicuramente ripercussioni anche sul diritto italiano.


Vai al testo della sentenza della CGE del 26/09/2013

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