di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione sesta, ordinanza n. 23567 del 16 Ottobre 2013. Sul caso in oggetto si pronuncia direttamente, con ordinanza, la sesta sezione della Suprema Corte, nominata "sezione filtro" proprio perchè preposta - nel caso fossero integrati i requisiti di legge - alla rapida risoluzione della controversia per manifesta o non manifesta fondatezza della questione. Nel caso di specie, a seguito di intimazione di rilascio di immobile concesso ad uso comodato, la resistente (coniuge separato assegnatario della casa familiare ottenuta in comodato) ha eccepito la necessità che tale comodato, al contrario, a seguito di assegnazione, avrebbe dovuto protrarsi per tutto il tempo necessario a soddisfare le esigenze familiari sue e del minore a suo carico.

Respinta la domanda in primo e in secondo grado, la soccombente ha dunque esperito ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha tuttavia avallato la soluzione già adottata dal giudice del merito, sottolineando che "quando il bene immobile oggetto di comodato sia stato destinato ad abitazione della famiglia, il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa ad uno dei coniugi resta regolato dalla disciplina del comodato

, negli stessi limiti che segnavano il godimento da parte della comunità domestica, nella fase fisiologica della vita matrimoniale". "Di conseguenza, ove il comodato sia stato concluso senza determinazione di durata, ai sensi dell'art. 1810 cod. civ., il coniuge assegnatario è tenuto, quale comodatario, a restituire il bene non appena il comodante lo chieda". A maggior ragione se, come nel caso in oggetto, il comodante non è una persona fisica (ad esempio, genitore o parente dell'ex coniuge) ma una società. Il ricorso è dunque rigettato poiché la questione in oggetto è già a suo tempo stata risolta da altre pronunce della Suprema Corte, né il ricorso presentato ha fornito ipotesi giuridiche di modifica del consolidato orientamento.

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