di Marco Massavelli - Corte di Cassazione Civile, Sezione Lavoro, sentenza n. 23530 del 16 ottobre 2013. In caso di licenziamento del dirigente costretto dal datore all'inattività forzosa il risarcimento del danno non patrimoniale da demansionamento può ben essere liquidato in via equitativa con l'ammontare determinato dal giudice tenendo conto dell'esperienza e delle competenze lavorative accumulate in servizio dal dipendente dequalificato per un lungo periodo di tempo prima del recesso datoriale. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con la sentenza 16 ottobre 2013, n. 23530.

Nel caso di specie, l'ex dipendente aveva richiesto, ed ottenuto, con sentenza non definitiva della Corte d'appello, il risarcimento del danno da dedotta dequalificazione professionale, asseritamente attuata ai suoi danni, con il trasferimento ad altro ufficio dell'azienda, ove non aveva più svolto alcun incarico, fino alla cessazione del rapporto di lavoro. La Corte di Cassazione, Sezioni Unite, con la sentenza

n. 711/99 ha statuito il principio secondo cui nell'ipotesi di cumulo di domande tra gli stessi soggetti, è da considerarsi non definitiva, agli effetti della riserva di impugnazione differita, la sentenza con la quale il giudice di pronunci su una o più di dette domande, con prosecuzione del procedimento per le altre, senza disporre la separazione ex articolo 279, comma 2, n. 5, codice procedura civile, e senza provvedere sulle spese in ordine alla domanda, o alle domande, così decisa, rinviandone la relativa liquidazione all'ulteriore corso del giudizio: il ricorso contro la sentenza non definitiva è quindi ammissibile. Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, in tema di demansionamento e dequalificazione, il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno non patrimoniale che asseritamente ne deriva, non ricorrendo automaticamente in tutti i casi di inadempimento
datoriale, non può prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio, sulla natura e sulle caratteristiche del pregiudizio medesimo. Il danno va dimostrato in giudizio con tutti i mezzi consentiti dall'ordinamento.



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