Anche le persone affette da ritardato sviluppo psichico riconosciuto, possono essere imputate per il reato di maltrattamenti in famiglia. E' quanto afferma la Corte di Cassazione che ha respinto un ricorso presentato dai legali di un soggetto titolare di pensione di invalidità, assegnatagli proprio a causa di accertate menomazioni psichiche.

L'uomo era stato imputato e, in seguito, condannato per maltrattamenti nei confronti del figlio.
Nel ricorso per Cassazione la difesa aveva puntato proprio sulle alterate capacità cognitive e prospettive volitive dell'uomo, profondamente disturbato a livello psichico, al punto tale da ricevere una pensione di invalidità per il suo deficit. Vista la particolare situazione dell'imputato, secondo la tesi posta a sostegno del ricorso, un soggetto affetto da ritardo della psiche non avrebbe potuto essere punito per il reato commesso.

La sentenza numero 36211/2013 della Corte di Cassazione, però, ha respinto il ricorso, confermando così la condanna di merito. Secondo la Suprema Corte, che ha ritenuto legittime le motivazioni che hanno portato alla condanna. 
Sempre in accordo con la sentenza di cassazione, l'imputabilità dell'individuo che ha compiuto il reato resta legittima, anche in presenza di un'invalidità riconosciuta. Sono la perizia psichiatrica fornita dagli esperti e gli elementi emersi durante il dibattimento, infatti, i fattori determinanti, secondo i quali l'individuo è stato ritenuto imputabile, per il reato che gli è stato contestato.

Vai al testo della sentenza 36211 del 2013

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