di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione prima, sentenza n. 20139 del 3 Settembre 2013. A seguito di prima pronuncia di separazione personale dei coniugi - nella quale il Tribunale disponeva l'assegnazione alla moglie della casa coniugale, l'affidamento dei figli ed obbligava il marito a corrispondere un assegno periodico di mantenimento - interveniva sentenza d'appello in parziale riforma della prima. La stessa veniva impugnata dal marito in sede di ricorso in Cassazione. Tra gli altri, il ricorrente lamentava l'addebito del 50% della rata del mutuo gravante sull'immobile adibito a casa coniugale; immobile che, a suo tempo, è stato acquistato in regime patrimoniale di separazione dei beni. Inoltre, il giudice del merito avrebbe onerato il ricorrente di tale obbligo senza che la controparte ne facesse richiesta.

La Suprema Corte chiarisce preliminarmente come rientri nei poteri del giudice statuire circa la contribuzione al mantenimento dei figli, anche in presenza di accordi intervenuti tra le parti, non essendo in alcun modo vincolato dalla loro volontà. In quest'ottica, il pagamento della rata del mutuo costituirebbe "modalità di adempimento dell'obbligo contributivo in favore dei figli", perciò sottoposto a discrezionalità

giudiziale.  All'uopo era stato opportunamente confermato l'ordine al datore di lavoro "di corrispondere direttamente al beneficiario degli assegni di mantenimento l'importo posto a carico del dipendente". Legittima dunque anche questa statuizione, sostanzialmente fondata sulla precedente doglianza proposta. Per i motivi sopra esposti, la Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese legali.

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