La Corte di Cassazione, con sentenza n. 18416 del 1 agosto 2013, ha affermato che "l'onere probatorio circa l'effettiva sussistenza del motivo addotto dal datore di lavoro grava interamente sullo stesso, il quale deve dimostrare, anche mediante elementi presuntivi ed indiziari, l'impossibilità di una differente utilizzazione del lavoratore in mansioni diverse da quelle precedentemente svolte; tale prova, tuttavia, non deve essere intesa in modo rigido, dovendosi esigere dallo stesso lavoratore che impugni il licenziamento
una collaborazione nell'accertamento di un possibile repechage, mediante l'allegazione dell'esistenza di altri posti di lavoro nei quali egli poteva essere utilmente ricollocato, e conseguendo a tale allegazione l'onere del datore di lavoro di provare la non utilizzabilità nei posti predetti". La Suprema Corte, decidendo in merito alla legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo nei confronti di alcuni lavoratori addetti al reparto magazzino di un'azienda, la cui gestione era stata attribuita dal datore di lavoro a un appaltatore esterno, ha precisato che "il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è dettato da ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e ai regolare funzionamento di essa (art. 3, seconda parte, L. n. 604 del 1966)... Il "motivo oggettivo" è rimesso alla valutazione del datore di lavoro, senza che il giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione dell'impresa, atteso che tale scelta è espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall'art. 41 Cost. Spetta invece al giudice il controllo della reale sussistenza delle esigenze tecnico-economiche dedotte dal datore di lavoro, e cioè della effettività e della non pretestuosità del riassetto organizzativo operato." Nella specie la motivazione adottata dalla Corte territoriale è logica, coerente ed appare rispettosa dei principi di diritto avendo la Corte accertato che la gestione del magazzino dove lavoravano i ricorrenti è stata affidata con un contratto di appalto di servizi ad una società cooperativa; che tale scelta imprenditoriale è stata effettiva e non pretestuosa; che le posizioni di lavoro dei ricorrenti sono state soppresse; che, pur essendo irrilevante accertare se le motivazioni dell'azienda fossero di tipo economico ovvero organizzative, la società aveva comunque dimostrato la ragionevolezza della scelta in termini di maggiore flessibilità nell'utilizzo del personale; che si era anche verificato un certo risparmio in termini economici; che l'unica nuova assunta era già in servizio come lavoratrice interinale ed addetta all'ufficio commerciale, con mansioni incompatibili con quelle degli appellati.

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