di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione terza, sentenza n. 18337 del 31 Luglio 2013. Nel caso di specie un motociclista, fortemente lesionato a seguito di caduta - a suo dire - provocata da una manovra improvvisa di un autoveicolo (senza che tra i due veicoli ci fosse impatto) cita in giudizio il proprietario del mezzo al fine di ottenere il relativo risarcimento del danno. Sia in primo che in secondo grado la sua domanda viene rigettata, non ravvisando i giudici alcun elemento confermante la responsabilità dell'autista del veicolo. Ricorre dunque l'interessato in Cassazione impugnando la sentenza d'appello, deducendo in particolare violazione di legge e difetto di motivazione sulle questioni che seguono.

Sul punto dell'applicabilità della presunzione di concorso di colpa ex art. 2054 cod. civ. la Suprema Corte evidenzia come sia "estensivamente applicabile anche all'ipotesi in cui manchi una collisione diretta tra i veicoli, ciò è consentito ove sia necessario risolvere il problema della graduazione del concorso di colpa, e sempre che tale concorso sia accertato in concreto, e dunque sia accertato anche il nesso di causalità tra la guida del veicolo non coinvolto nello scontro ed il sinistro". Circostanza che il ricorrente non ha saputo dimostrare, deponendo tutti gli elementi raccolti a suo sfavore, finendo per convincere il giudice del merito che la caduta dal motoveicolo non sia stata causata da una manovra improvvisa della controparte ma da esclusiva colpa del ricorrente. Mancando il presupposto a monte (il nesso causale tra condotta ed evento) di conseguenza non risulta applicabile, al caso di specie, la presunzione di cui sopra.

La Corte si esprime anche in ordine ad un'altra problematica emersa nel corso del giudizio di merito: come valutare la mancata risposta di un teste, chiamato a deporre circa l'accaduto. In merito la Cassazione spiega come "l'art. 232 non ricollega alla mancata risposta all'interrogatorio, per quanto ingiustificato, l'effetto automatico della ficta confessio, ma dà solo la facoltà al giudice (non anche l'obbligo) di ritenere come ammessi i fatti dedotti con tale mezzo istruttorio, imponendogli però nel contempo di valutare ogni altro elemento di prova, ossia di considerare la circostanza alla luce del complessivo quadro probatorio emergente dagli atti". "Occorre quindi che la mancata risposta si aggiunga ad altri elementi di giudizio che univocamente e concordemente concorrano alla dimostrazione della circostanza sulla quale l'intimato avrebbe dovuto rispondere". In ogni caso, la valutazione delle prove è attività che rientra nella piena disponibilità e discrezionalità del giudice del merito e, ove adeguatamente motivata (come nel caso di specie) non suscettibile di sindacato in sede di ricorso in Cassazione. Il ricorso viene respinto e confermata in toto la sentenza d'appello.

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