di Francesca Tessitore - Cassazione civile, sez. I, sentenza 17 luglio 2013, n. 17467. Un socio di s.r.l. detenuta al 99,5%, conferisce, a seguito di aumento di capitale, l'azienda agricola di sua proprietà con un patto nel quale "si affermava che l'azienda rimaneva nell'esclusiva disponibilità del conferente, che si riservava anche di procedere alla vendita

degli immobili senza necessità di preventivo assenso da parte della società, che s'impegnava a formalizzare gli atti necessari." La Suprema Corte, ha rilevato che "non si dà simulazione del conferimento senza simulazione dell'aumento di capitale, e senza accordo simulatorio, richiesto, del resto, persino nel caso della simulazione
degli atti unilaterali (…). E l'accordo simulatorio non può che investire, al tempo stesso, il conferimento e l'aumento di capitale sociale, nella quota attribuita al conferente.
" In merito quindi alle parti dell'accordo simulatorio, sollevandosi l'ipotesi che i contraenti sono, almeno in parte, coincidenti, la Suprema Corte ha stabilito "che l'eventuale accordo simulatorio dovrebbe intervenire tra il conferente e la società, ma il vero problema, per la configurabilità della simulazione del conferimento, è l'identificazione dell'organo (…)". La Suprema Corte ha quindi enunciato i seguenti principi di diritto:

- esiste un collegamento negoziale tra la delibera di aumento di capitale ed il conferimento con il quale il socio sottoscrive la propria quota;

-  l'amministratore della società, in quanto soggetto non dotato di poteri di legale rappresentanza in merito alle operazioni necessarie ai fini dell'esecuzione della delibera di aumento del capitale, non può rappresentare la società "nella stipulazione di accordi diretti a simulare i conferimenti."


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