di Marco Massavelli - Corte di Cassazione Civile, Sezione II, sentenza n. 17882 del 23 Luglio 2013. Per avere diritto al rimborso della spesa affrontata per conservare la cosa comune, così come stabilisce l'articolo 1134 del c.c., il condomino deve dimostrarne l'urgenza, intesa come necessità di eseguire le operazioni di restauro senza ritardo e, quindi, senza poter avvertire tempestivamente l'amministratore o gli altri condomini. E' quanto sostenuto dalla Corte di Cassazione, con sentenza

23 luglio 2013, n. 17882.

"Dica… se il condomino abbia atteso per un lungo lasso di tempo (nove mesi) prima di iniziare dei lavori su parti condominiali a suo dire già necessari e urgenti e senza, in tale lasso di tempo, consultare l'altro condomino, possa pretendere il rimborso pro quota, ai sensi dell'art. 1134 c.c., di quanto asseritamente anticipato per l' esecuzione dei lavori in questione": questo il quesito posto alla Corte di Cassazione.

L'articolo 1134, codice civile, stabilisce che:

Art. 1134.
Gestione di iniziativa individuale.

Il condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente.

L' articolo è stato così sostituito dall'art. 13, L. 11 dicembre 2012, n. 220, in vigore dal 18 giugno 2013. Il testo in vigore fino al 17 giugno 2013 era il seguente: "Spese fatte dal condomino. Il condomino che ha fatto spese per le cose comuni senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente." Premesso che si è trattato di opere di restauro del tetto, e che il tetto è una parte comune dell'edificio, come stabilito dall'articolo 1117, codice civile, la Corte di Cassazione ha statuito che l'accertamento dello stato di urgenza dell'opera di conservazione della cosa comune "compete al giudice di merito e tale giudizio è insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivato".


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