di Stefania Squeo - Tribunale di Milano, decreto 27 marzo 2013: è irrilevante la richiesta di revoca degli accordi firmati in sede di separazione consensuale avanti al Presidente del Tribunale ancorché formulata prima dell'intervenuta omologazione degli stessi. È invece possibile la revoca del decreto di omologazione (ex art.742 c.p.c.) per vizi di forma.

Accade non di rado che chi si accinge ad una separazione consensuale sottoscriva accordi, d'intesa con l'altro coniuge, che a distanza di tempo sono soggetti a ripensamento. Ciò è dovuto alla fretta ma il più delle volte ad una superficiale valutazione delle circostanze attuali e del loro sviluppo.

Infatti, nel caso oggetto della pronuncia l'istante chiedeva la revoca (poi rigettata) [1] di un decreto di omologazione delle condizioni di separazione consensuale [2], a distanza di cinque mesi dalla sottoscrizione, deducendo solo generici vizi del consenso, ma, in realtà lasciando intendere di non aver in precedenza ben riflettuto sul contenuto e sulle conseguenze degli accordi.

È ormai costante l'orientamento giurisprudenziale [3] per cui la separazione consensuale trova la sua unica fonte nel consenso manifestato dai coniugi dinanzi al Presidente del Tribunale [4]. Pertanto, la successiva omologazione agisce come mera condizione di efficacia dell'accordo, il quale già integra un negozio giuridico perfetto ed autonomo [5].
La stessa Corte di Legittimità ha, altresì, precisato come il decreto di omologazione venga emesso nell'ambito di un procedimento di volontaria giurisdizione, nel quale il Tribunale, all'esito del controllo della regolarità del rito e della conformità alle norme imperative e all'ordine pubblico delle clausole convenzionali sottopostegli dai coniugi, imprime efficacia giuridica all'accordo già intervenuto tra le parti [6].

L'accordo di separazione omologato, di natura negoziale, anche se escluso dalla normativa vigente dalla categoria dei contratti, "non esclude tuttavia che allo stesso possano applicarsi, nei limiti della loro compatibilità, le norme del regime contrattuale che riguardano in generale la disciplina del negozio giuridico o che esprimono principi generali dell'ordinamento, come quelle in tema di vizi del consenso e di capacità delle parti" [7].

Ogni qualvolta ciascun coniuge ritenga che gli accordi così firmati non siano più convenienti o, in taluni casi, inficiati da vizi della volontà, è esclusa la possibilità di far valere tali vizi attraverso la via interna del procedimento camerale e, in specie, con la mera unilaterale revoca del consenso in precedenza prestato.
Ciò perché tale via è percorribile solo in relazione alla sopravvenienza di fatti nuovi che abbiano alterato la situazione preesistente, mutando i presupposti in base ai quali le parti avevano stabilito le condizioni della separazione.
Del tutto estranei sono invece in tale sede i fatti preesistenti o concomitanti alla regolamentazione pattizia, non presi in considerazione o considerati superficialmente per qualsiasi motivo dai coniugi [8].

Dissenso prima del decreto di omologa
Laddove il dissenso unilaterale di un coniuge intervenga dopo che i coniugi hanno confermato dinanzi al Presidente la propria volontà di separarsi alle condizioni contenute nel ricorso, ma prima dell'emissione del decreto di omologa, la revoca è irrilevante, poiché l'accordo è da reputarsi già perfezionato. Fatta salva la possibilità per il dissenziente di agire in via ordinaria per far valere l'eventuale sussistenza dei vizi nella formazione della volontà[9].

Dissenso dopo il decreto di omologa
Quando il dissenso unilaterale di un coniuge, invece, intervenga dopo il decreto di omologa, quest'ultimo può essere impugnato per vizio proprio di legittimità, ossia per violazione delle disposizioni di legge attinenti al procedimento in sé considerato [10]. Alla revoca (ex art. 742 c.p.c.) del decreto di omologazione potrebbe al più pervenirsi laddove detto provvedimento risultasse incompleto ovvero inficiato da vizi di forma.


[1] Art. 742 cod. proc. civ.
[2] Art. 711 cod. proc. civ.
[3] Cass. sent. n. 10932 del 30 aprile 2008
[4] Atteso che l'art.158 cod. civ. fa dipendere la separazione dal solo consenso dei coniugi
[5] Cass. sent. n. 10932 del 30 aprile 2008
[6] Cass. sent. n. 3390 del 2001
[7] Cass. sent. n. 10932 del 2008
[8] Cass. sent. n. 11488 dell'8 maggio 2008
[9] Decreto Trib. di Milano. del 27 marzo 2013
[10] Cass. sent. n. 8712 del 24 agosto 1990
Stefania Squeo
Mediatore e praticante avvocato abilitata
Foro Milano
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