di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione quinta, sentenza n. 14189 del 5 giugno 2013. La legge 212/2000 all'art. 7 (statuto dei diritti del contribuente) prescrive l'obbligo di motivazione degli atti dell'amministrazione finanziaria. Nel caso di specie, un privato propone ricorso avverso sentenza di merito contemplante la legittimità dell'avviso di accertamento notificato al ricorrente, relativo ai versamenti IVA per l'anno 2000, lamentando carenza di motivazione dell'atto stesso.

 

Il privato ricorre in Cassazione denunciando difetto ed illogicità di motivazione della sentenza

impugnata, nonché violazione di legge. Pronunciandosi sul punto ricorda la Suprema Corte come "l'obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche per relationem, ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione che questi ultimi siano allegati all'atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, per tale dovendosi intendere l'insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell'atto o del documento che risultino necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato". L'importante è che dall'avviso di accertamento sia possibile, per il contribuente e per il giudice in caso di controversia, "individuare i luoghi specifici dell'atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento". Di fatto tale allegazione è venuta a mancare, anche se il contribuente è venuto comunque in possesso di elementi utili a predisporre la propria difesa; la sentenza viene dunque cassata con rinvio.

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