MEDIAevo n. 22 di Paolo M. Storani - Eppure la tragica dimenticanza è del 4 giugno 2013... Dopo un paio di giorni di rimozione riesco a leggere qualcosa sulla incredibile fine di Luca, il bimbo di Piacenza morto asfissiato in Via Bresciani nella macchina del babbo, una monovolume Citroen Picasso che ha agito per quel povero corpicino da forno e da bara, e lo faccio scorrendo Corriere.it del 6 giugno 2013, ieri: "L'investigatore si passa una mano sul viso: «Ho visto la follia negli occhi di quell'uomo quando si è accorto che il suo bambino, dimenticato in auto per 8 ore, non reagiva. Ho ancora nelle orecchie il suo urlo straziante. Non bastavano sette persone per tenerlo fermo...».
Di chi sta parlando il giornalista del Corriere della Sera?
Del padre Andrea Albanese, "39 anni, brillante manager - n.d.r.=per Repubblica cartacea del 5 giugno 2013, invece, "ha un contratto da impiegato addetto all'igiene alimentare" - dell'azienda di ristorazione Copra Elior («Uno dei migliori: affidabile e competente» afferma il patron Guido Molinaroli) è sotto sedativi all'ospedale Guglielmo da Saliceto.
Non è vero, come si vocifera in città, che abbia tentato il suicidio: «non ne ha avuto la possibilità, è stato immediatamente sottoposto a trattamento farmaceutico» spiegano. Però è
controllato a vista e lo sarà ancor più quando giungerà il momento del risveglio: l'inferno. La moglie Paola, 38 anni, impiegata, ha passato pure lei la notte in ospedale, poi si è rifugiata a casa della madre, la nonna del piccolo Luca, 2 anni compiuti domenica scorsa e festeggiati lunedì (il giorno prima della morte) in quell'asilo dove non è mai stato portato: «Mia figlia - dice la signora al citofono - non è in grado di parlare». In ospedale, l'hanno sentita gridare all'indirizzo del marito: «Ma come ha fatto? Oddio, come ha fatto?».
Forse non è di questo mondo capire cosa è successo martedì mattina davanti ai cancelli della Copra Elior, a venti metri da quell'asilo dove da settembre Andrea portava ogni mattina suo figlio Luca. Dimenticanza, in un caso come questo, è una parola vuota. Una delle prime cose che i colleghi dell'uomo hanno riferito ai carabinieri del nucleo investigativo, guidati dal capitano Rocco Papaleo, non può e non vuole suonare come una giustificazione, è solo un tassello: «Ci hanno detto che per Andrea quella di martedì era una giornata decisiva sotto il profilo professionale, doveva consegnare entro sera un progetto per l'appalto di una importante commessa...». Si può anche pensare che questo, solo questo avesse in testa, quando è sceso dall'auto, chiudendo portiera e finestrini, senza ricordarsi la cosa più importante della sua vita. Lo si può pensare, anche se difficilmente può bastare.
Andrea è indagato per omicidio colposo. Domani l'autopsia, ma non sembrano esserci dubbi sulle cause del decesso: nell'auto la temperatura ha superato i 60 gradi; il decesso è avvenuto attorno alle 12 e quando il piccolo è stato estratto, verso le 17, la temperatura corporea superava i 42 gradi. Da capire come mai nessuno si è accorto di quel corpicino nell'abitacolo. «È meno inspiegabile di quanto sembri - affermano gli investigatori -: siamo in zona industriale, i pedoni sono pochi. Tra l'altro il seggiolino si trovava dalla parte dell'auto che fiancheggiava un muretto». Sulla cancellata la gente appoggia fiori e pupazzi. La maestra Elisa piange e racconta di «quella famiglia sempre presente alle attività didattiche». L'asilo si chiama «Con la testa tra le nuvole». In altri momenti farebbe tenerezza.
Questa è la notizia. L'articolo è di Francesco Alberti: l'inviato deve essere bravo. Riesce ad affrontare in modo esemplare un argomento che io ho deliberatamente rimosso. La chiusa è toccante.
Pur di non prendere atto che un bimbetto di due anni se n'è andato, soffrendo in modo atroce per l'asfissia e la disidratazione, così assurdamente, mi soffermo sull'aspetto esteriore e sulla forma del pezzo, che rispetta la regola classica anglosassone delle cinque w, eccettuata l'ultima: perché. Who, where, when, what, why. Ma non è una cronaca, è la più grande delle tragedie. Pensate ai sensi di colpa: un genitore non può ritornare dal funerale del figlio, lo vieta la natura, come ricorda anche Michela Marzano su Repubblica del 5 giugno 2013. Un padre distrutto dal dolore ed indagato allo stesso tempo per aver provocato tale tragedia.
Parrà strano, ma negli Stati Uniti avviene non di rado ed addirittura esiste un'associazione dei genitori che hanno perso un figlio in tali circostanze.
Del resto, come ricorda a pag. 19) La Stampa versione cartacea del 5 giugno 2013, anche in Italia vi sono almeno tre recenti precedenti: "3 luglio 1998, Salvatore Deodato, 27 anni, dimentica il figlio di 18 mesi, Andrea, sul seggiolino e va a lavorare: sei ore dopo, quando torna a prendere l'auto, il bimbo è morto per la disidratazione e le ustioni. Quel giorno a Catania era stata registrata una delle temperature più alte nella storia della città etnea: 40 gradi. Il 21 maggio 2011 a Teramo Elena Petrizzi, 22 mesi, viene dichiarata giuridicamente morta; il giorno prima era stato dichiarato il decesso cerebrale. Il 19 maggio 2011 il padre, Lucio Petrizzi, docente universitario, l'aveva lasciata in auto, per 5 ore, sotto il sole. Nonostante la tragedia, la madre difende il marito: 'E' un buon padre, non è colpevole di nulla'. 27 maggio 2011 in provincia di Perugia viene dimenticato in auto un bimbo di 11 mesi. Jacopo Riganelli muore: è rimasto per più di tre ore nell'abitacolo della Opel Corsa del padre, parcheggiata sotto il sole cocente a pochi metri dalla riva del lago Trasimeno" (l'intero virgolettato che precede è desunto da La Stampa del 5.6.2013, box di spalla a pag. 19).
Non ho parole: voi, cari lettori, ce la fate a trarne delle considerazioni? E' possibile secondo Voi rielaborare un lutto così devastante?
Post scriptum: un'idea per rendere non vana la morte del piccolo Luca e non insopportabile per i genitori il proseguimento della loro esistenza (e del loro menage matrimoniale: oltretutto, Luca era il loro unico figlio) potrebbe essere farsi promotori dell'inserimento nei veicoli, accanto a tanti gadget spesso inutili o frivoli, di un dispositivo di rilevamento della temperatura di bordo (e della persona nell'abitacolo); oltrepassata una data temperatura, scatterebbe il congegno, di costo non riteniamo esorbitante le poche decine di euro, che andrebbe ad attivare i vetri elettricamente; p comunque si potrebbe escogitare un sistema da rendere obbligatorio sulle autovetture. In un mondo ipertecnologico in cui d'ora in avanti il computer di bordo "leggerà" le movenze delle nostre palpebre per afferrare al volo il minimo sintomo di colpo di sonno, non dovrebbe essere tecnicamente insuperabile scongiurare in radice la triste fatalità che ha portato a morte Luca, non addebitabile, come sostiene la moglie del docente teramano, a colpa di nessuno.
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