Tale principio di diritto è stato applicato, di recente, dalla Corte di Cassazione (sentenza del 6 maggio 2013, n. 10502)
Il giudice non può ordinare l'estirpazione degli alcuni alberi basandosi sulla perizia effettuata dal C.t.u sulla lesione di diritti di veduta e di luce anziché sull'effettiva violazione delle distanze legali.

Tale principio di diritto è stato applicato, di recente, dalla Corte di Cassazione (sentenza del 6 maggio 2013, n. 10502) la quale ha accolto il ricorso di una persona che era stata condannata ad estirpare un ficus ed un eucaliptus e a potare gli alberi del giardino annesso all'abitazione in quanto i primi si trovavano a distanza dal balcone dell'attore inferiore a quella legale ed i secondi ne ostruivano la visibilità. Eccepiva, infatti, che l'art. 892 c.c., comma 3, prevede che la distanza si misura dalla linea del confine alla base esterna del tronco dell'albero nel tempo della piantagione o dalla linea stessa al luogo ove fu fatta la semina.

Mentre l'art. 894 c.c. dispone che il vicino può esigere che si estirpino gli alberi e le siepi che sono piantati o nascono a distanza minore di quella prevista dalla legge. Nella fattispecie, il giudice di merito avrebbe avuto l'obbligo di verificare che fossero state effettivamente misurate le distanze legali degli alberi al fine di accordare o meno il diritto alla estirpazione mentre il c.t.u. ha accentrato l'indagine solo sulla lesione di diritti di veduta o di luce dell'attore.

Pertanto, solo in caso di comprovata violazione delle stesse distanze avrebbe dovuto ordinare la estirpazione e non per lesione dei diritti di veduta o di luce. La motivazione della sentenza adotta un diverso parametro non previsto dalla legge e quindi illegittimo.
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