di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione seconda, sentenza n. 10199 del 30 Aprile 2013. All'art. 142 cod. della strada il legislatore, "ai fini della sicurezza della circolazione e della tutela della vita umana", elenca i limiti di velocità da mantenere sui diversi tratti stradali nazionali nonché le relative sanzioni che, in caso di violazione, gli organismi preposti alla vigilanza possono infliggere. In particolare i commi 6 e 6bis regolano l'utilizzo delle apparecchiature preposte al controllo della velocità; la norma rinvia al Ministero dei Trasporti l'onere di regolamentare la materia nello specifico. Nel caso di specie il soggetto sanzionato per eccesso di velocità ricorre avverso sentenza di condanna contestando la circostanza che la velocità sarebbe stata rilevata a mezzo di strumentazione elettronica installata sull'auto della polizia, non segnalata e non sottoposta a taratura periodica.

La Cassazione, interpretando l'articolo di cui sopra, rigetta il ricorso e conferma la sanzione irrogata. La Suprema Corte evidenzia come, ai fini di legittimamente contestare la rilevazione effettuata dalla polizia stradale, non basti appellarsi genericamente ad un presunto difetto di funzionalità dello strumento, peraltro supportato solamente dalla dimostrazione della mancata revisione periodica; occorre che l'interessato dimostri quale sia nel caso concreto il preciso difetto di funzionamento dell'apparecchio o, in ogni caso, specifichi le circostanze che in quel frangente temporale hanno impedito la corretta rilevazione della velocità del mezzo. A queste condizioni è prevalsa l'efficacia probatoria dell'apparecchiatura. La pura opposizione congetturale non rileva e ha causato il rigetto del ricorso.

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