Con D.L. del 30 settembre 2003, n. 269, titolato "Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici", il Governo ha dato il via al terzo condono edilizio, dopo quelli del 1985 e del 1994. Più precisamente l'art. 32 del suddetto decreto prevede al primo comma che: "Al fine di pervenire alla regolarizzazione del settore è consentito, in conseguenza del condono, il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria
delle opere esistenti non conformi alla disciplina vigente". Tale provvedimento pone una serie di interrogativi che, almeno per il momento, restano irrisolti. La prima domanda che viene da porsi è se la situazione abbia presentato quei caratteri dell'urgenza e della necessità giustificativi dell'utilizzo di uno strumento quale il decreto-legge per disciplinare una materia tanto delicata, dati i molteplici interessi e valori coinvolti. Volendo procedere ad un'analisi ordinata del provvedimento occorre partire dal titolo dell'art. 32 il quale, riferendosi a "Misure per la riqualificazione urbanistica, ambientale e paesaggistica, per l'incentivazione dell'attività di repressione dell'abusivismo edilizio, nonchè per la definizione degli illeciti edilizi e delle occupazioni demaniali", richiama diverse competenze talora di esclusiva spettanza dello Stato, quali ad es. la tutela dell'ambiente, talora di competenza concorrente Stato-Regioni, quale ad es. il governo del territorio. Bisogna tenere ben presente anche in questa ipotesi la riforma del Titolo V della Costituzione
alla luce dei conflitti di attribuzione scaturitine e delle varie pronunce della Corte Costituzionale in tali casi (ad es. sent. n. 307/03 in tema di elettrosmog). Il secondo comma specifica che la "normativa è disposta nelle more dell'adeguamento della disciplina regionale" ai principi del testo unico in materia di edilizia (approvato con D.P.R.6 giugno 2001, n. 380). Da questo dettato si evince che la disciplina statale è meramente transitoria, valida in mancanza di una disciplina regionale. A questo punto sorge un secondo ordine di problema, e cioè cosa accada nelle ipotesi di Regioni che abbiano già provveduto al suddetto adeguamento.(L. Salvemini) Tale questione si collega poi al comma successivo, il terzo, che attribuisce la legislazione attuativa, riguardante le condizioni, i limiti e le modalità del rilascio abilitativo, alle normative regionali. Questo tipo di previsione rischia di portare ad un'applicazione alquanto disomogenea del condono, con notevoli differenze dettate dalle diverse realtà regionali. Le previsioni che hanno suscitato, però, maggiori perplessità sono stata quelle dei commi 14 e ss. che sanciscono l'estensione della sanatoria
anche alle opere realizzate sul demanio e sul patrimonio indisponibile dello Stato, in quest'ultimo caso più precisamente si riconosce "il diritto al mantenimento dell'opera sul suolo" a titolo oneroso.Si tratterebbe, secondo alcuni, dell'attribuzione di un vero e proprio diritto agli "abusivi", incompatibile con quello della tutela dei beni pubblici e ambientali proprio della collettività e che lo Stato stesso dovrebbe proteggere.

( D.L. 30/09/2003 , n. 269 , G.U. , 02/10/2003 , n. 229 )

(News pubblicata su autorizzazione di www.leggiditalia.it)

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