L'articolo 2359 c.c. prevede al n. 3 del I comma "i particolari vincoli contrattuali" come possibile causa di un'"influenza dominante" di una società su di un'altra, e pertanto del "controllo" tra imprese

Avv. Niccolò Brignoli - L'articolo 2359 c.c. prevede al n. 3 del I comma "i particolari vincoli contrattuali" come possibile causa di un'"influenza dominante" di una società su di un'altra, e pertanto del "controllo" tra imprese.

Pur essendo solo il complemento, la conseguenza dei rapporti creati tra le parti, occorre pur sempre che il potere di condizionare la gestione sociale abbia rilevanza giuridica e possa essere dimostrato sulla base del regolamento contrattuale da cui trae origine.

Vi sono contratti d'impresa che più di altri si prestano a creare una situazione tale per cui il venir meno dell'accordo contrattuale potrebbe mettere in pericolo la continuazione del'attività imprenditoriale (esempio, contratti di agenzia, di commissione, di concessione, di somministrazione e di licenza di brevetto).

Non basta, tuttavia, l'astratta idoneità del contratto a costituire condizione di sopravvivenza dell'impresa, ma occorre che l'influenza dominante risulti in concreto da particolari vincoli di subordinazione ulteriori rispetto alla normale disciplina tipica dell'accordo (Musso, Il controllo societario mediante particolari vincoli contrattuali, in Contratto e Impresa, 1995, p. 19).

In questo senso, quindi, non esiste una tipologia contrattuale unitaria tale da integrare di per sé stessa gli elementi costitutivi della fattispecie.

In altre parole, normalmente non è il tipo di contratto che di per sé comporta l'esistenza del rapporto di controllo, ma il concreto atteggiarsi del suo contenuto, come è messo in luce dall'uso, nella definizione dell'art. 2359 n. 3 c.c., dell'aggettivo "particolari", che sta ad indicare quei vincoli che caratterizzano il contratto nel singolo caso (in tal senso, Tribunale di Milano, 28 aprile 1994 in Società, 1995, p.74).

Occorre pertanto dimostrare il potere della controllante di determinare la politica imprenditoriale e di imporre le proprie scelte nella gestione della società controllata, e ciò deriva, secondo la casistica elaborata dalla dottrina e dalla giurisprudenza maggioritarie, dalla presenza di clausole negoziali che: vincolino l'impresa controllata al perseguimento di determinate strategie produttive e di mercato; istituiscano vincoli e controlli per l'impresa controllata quanto alla selezione e formazione del personale; obblighino l'impresa controllata a produrre o a vendere una determinata quantità di beni; subordinino la permanenza del rapporto contrattuale al mantenimento di una determinata compagine sociale, ovvero di una determinata composizione dell'organo amministrativo della società controllata; condizionino il trasferimento a terzi delle azioni o quote dell'impresa controllata al gradimento della parte contrattuale in posizione dominante; conferiscano all'impresa controllante il diritto di designare uno o più membri dell'organo di gestione dell'impresa controllata; vincolino l'impresa in posizione di dipendenza a non adottare determinate decisioni (ad esempio, in materia di sviluppo, di investimenti, …) se non con l'assenso preventivo dell'altra o sulla base delle indicazioni e istruzioni di quest'ultima.

Appare peraltro opportuno precisare che mentre alcune fra le clausole indicate presentano direttamente ed immediatamente effetti d'influenza sulla gestione dell'attività d'impresa (potere di nomina degli amministratori o simili), altre pattuizioni che influenzino le fasi di produzione o le scelte di marketing potranno risultare rivelatrici di un controllo gestionale ex art. 2359 c.c. unicamente qualora rivelino un'ingerenza determinante e discrezionale sull'indirizzo globale dell'attività economica.

Ciò premesso, per quanto concerne il contratto di finanziamento, si osserva che benché siffatta tipologia contrattuale non rientri, quantomeno da un punto di vista quantitativo, tra quelle tipologie contrattuali che sono più frequentemente riconosciute dalla giurisprudenza come causa della dipendenza di un'impresa da un'altra, lo stesso è tuttavia espressamente preso in considerazione dalla legislazione speciale proprio al fine di definire la nozione di "controllo" rilevante tra società in specifici settori del diritto, e precisamente in quello fallimentare.

Ed infatti, l'art. 2 della legge 430/1986 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 giugno 1986, n. 233, recante norme urgenti sulla liquidazione coatta) definisce le "Società controllate" come le società finanziate in via continuativa o in misura prevalente dalla società posta in liquidazione coatta amministrativa, esplicitando anche che si considera finanziamento l'erogazione, anche per conto dei fiducianti, sia di capitale di credito che di capitale di rischio, nonché l'acquisto a qualsiasi titolo di crediti da tali società; del pari, l'art. 3 della legge 95/1979 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26, concernente provvedimenti urgenti per l'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi) qualifica le stesse come le società che hanno concesso crediti o garanzie alla società in amministrazione straordinaria ….

In conclusione, è ragionevole affermare che il contratto di finanziamento rappresenta un possibile indice dell'esistenza di un rapporto di controllo tra imprese ex art. 2359 c.c., ma che bisogna verificare tutte le circostanze esistenti nella fattispecie, per poter far da ciò discendere l'esistenza di un controllo rilevante ai sensi della disposizione codicistica esaminata.

Avv. Niccolò Brignoli
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