di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione sesta, sentenza n. 9765 del 23 Aprile 2013. La legge 898/1970 (legge sul divorzio) all'art. 5, comma 6, prevede la possibilità per il giudice, "tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi", di obbligare uno dei due ex coniugi a versare all'altra parte un assegno di mantenimento
periodico. Nel corso del tempo l'importo di tale assegno, su istanza degli interessati, può essere modificato, e in determinati casi il diritto può addirittura venire meno.

Nel caso di specie la Suprema Corte interviene per fare chiarezza in merito a specifiche condizioni sopravvenute a seguito di separazione di due individui. A carico di uno il giudice di primo grado aveva posto l'obbligo di corrispondere un assegno periodico alla controparte, all'epoca disoccupata. Ma quando il coniuge beneficiario ha trovato impiego, l'obbligato ha proposto domanda di modifica delle condizioni originarie e, nella specie, ha chiesto al giudice di sollevarlo dall'obbligo di versamento periodico. Resisteva il beneficiario adducendo che il lavoro trovato non era a tempo indeterminato e che quindi l'ex coniuge non poteva ritenersi liberato dal vincolo di versamento.

Il criterio da adottare per decidere circa la persistenza o meno dell'obbligo al mantenimento è quello dell'effettiva capacità lavorativa del coniuge beneficiario dell'assegno di mantenimento: nel momento in cui questi sia impiegato in un'attività di lavoro, non importa a quale titolo, vengono inevitabilmente a modificarsi i presupposti in base ai quali il giudice ha originariamente concesso il beneficio all'ex coniuge creditore. Se poi, contestualmente, non si verificano modifiche in crescendo al reddito dell'ex coniuge debitore, il dovere di contribuzione può venire a mancare. La Cassazione ha così accolto la tesi del coniuge debitore, facendo dunque venir meno il diritto in capo al creditore.

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