La Corte di Cassazione, con la sentenza del 18 aprile n. 9456, accogliendo il ricorso di uno sciatore in merito alla sua richiesta di danni ad uno snowbordista, condannato in sede penale con rito speciale per lesioni colpose, ha stabilito che la sentenza penale emessa, appunto, in applicazione del rito speciale (art. 444 del cpp) costituisce un importante elemento probatorio.

In virtù di ciò, il giudice del risarcimento che voglia discostarsi da essa, è obbligato a darne un'appropriata motivazione, chiarendo le ragioni per cui l'imputato avrebbe confessato un'assunzione di responsabilità inesistente, peraltro accettata dal giudice penale. Di conseguenza, la sentenza di applicazione della pena patteggiata, anche se non può essere configurata come una sentenza di condanna, partendo dall'assunzione di un'ammissione di colpevolezza, esime la controparte dall'onere della prova.

Quindi, qualora la Corte d'Appello, ritenendo che l'attore sia tenuto a fornire la prova della responsabilità del convenuto, non dovesse spiegare i motivi per i quali egli aveva ammesso in sede penale una responsabilità insussistente, emetterebbe una sentenza palesemente carente di motivazione. La sentenza in oggetto della Suprema Corte segue l'indirizzo fissato dalla sentenza n.17289 del 2006 delle Sezioni Unite (cui viene fatto esplicito richiamo) e dalla successiva giurisprudenza: in appello, invece, il giudice aveva reputato che la responsabilità dell'investitore fosse non provata.
Lemma


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