di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile a Sezioni Unite, sentenza n. 7371 del 25 Marzo 2013.

Nella sentenza in oggetto la Suprema Corte interviene in tema di procedimento disciplinare attivato a carico dei magistrati: come da espresso riferimento normativo (d. lgs. 109/2006) si applicano le norme del procedimento penale sia nella fase delle indagini preliminari (così come richiamato dall'art. 16) sia nella fase di discussione del giudizio (art. 18). Una volta completata la fase istruttoria, il codice di procedura penale

detta regole specifiche circa l'ammissione di prove nuove: al di fuori dei limiti temporali e procedurali, l'art. 507 c.p.p. fa espresso riferimento al fatto che il giudice lo ritenga "assolutamente necessario", escludendo quindi che questa previsione venga applicata a prescindere dal contesto specifico. Tale limite è applicabile anche al procedimento disciplinare?

Nessuna previsione simile è contenuta nel decreto sopra citato. L'art. 3 lett a) riporta testualmente che "la sezione disciplinare può assumere, anche d'ufficio, tutte le prove che ritiene utili", configurando al contrario poteri molto più ampi a disposizione del giudice disciplinare rispetto alla normativa prevista in campo penale. Manca qui un espresso riferimento allo stringente requisito dell'"assoluta necessità". Tuttavia, secondo l'interpretazione delle SSUU, in ossequio di estensione applicativa delle norme del procedimento penale, ove compatibile, al procedimento disciplinare, l'art. 507 c.p.p. sarebbe dunque pienamente applicabile anche nei procedimenti instaurati innanzi al Consiglio Superiore della Magistratura.


Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: