di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione a Sezioni Unite, sentenza n. 7374 del 25 Marzo 2013.
La linea che divide la giurisdizione civile da quella amministrativa a volte può essere decisamente sottile: come nel caso in oggetto, che vede promossa azione di responsabilità avverso la condotta degli amministratori di una società a completa partecipazione pubblica. Non sempre, nei casi in cui una delle parti sia un ente pubblico, è competente a conoscere della causa il giudice amministrativo. Se la pubblica amministrazione è spogliata dei propri poteri di imperio ed agisce al pari di un comune cittadino o ancora se la questione investe diritti soggettivi il potere decisionale spetta sempre e comunque all'autorità giudicante ordinaria.
La società a totale partecipazione pubblica, pur essendo a tutti gli effetti controllata dallo Stato, gode formalmente di autonoma soggettività giuridica. Né, secondo la Suprema Corte, è possibile ravvisare un rapporto di servizio - cioè quel rapporto giuridico che lega una persona fisica ad un ente pubblico - tra gli amministratori, colpevoli di condotta illecita, e l'ente pubblico titolare della partecipazione. L'insieme di questi elementi porta alla conseguente deduzione che non è ravvisabile alcun danno diretto nei confronti dello Stato o di altro ente pubblico. E nemmeno una posizione di imperio di questi ultimi verso soggetti privati. La mancanza di tale requisiti rende la questione idonea ad essere radicata presso l'autorità giudicante ordinaria e non, come contestato, presso la Corte dei Conti.

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