La Cassazione, confermando che il contratto di appalto diretto alla costruzione di un'opera edilizia senza la prescritta concessione è nullo ha precisato che l'appaltatore può promuovere l'azione di indebito arricchimento, perché si deve comunque tener conto dell'impiego che il committente abbia eventualmente fatto dell'opera e delle utilità economiche così ricavatene

La questione

La Cassazione civile Sez. II, sent. 22 agosto 2003 n. 12347, si è occupata delle sorti del contratto
di appalto relativo ad opera senza concessione edilizia. Va ricordato che nel contratto di appalto di un'opera, la legge non dispone a carico di quale parte gravi l'obbligo della redazione del progetto, onde sono decisive al riguardo le specifiche pattuizioni negoziali (Sez. II, sent. n. 7556 del 16 dicembre 1986, Tecnopiscine c. Lanzillotto che ha annullato la decisione del merito che interpretando il contratto di appalto di una costruzione aveva ritenuto l'obbligo dell'appaltatore senza considerare che rimasta dubbia, sul punto, la comune intenzione delle parti, era da presumere che anche la redazione del progetto di esecuzione dei lavori facesse carico al committente, già tenuto ad assicurarsi l'opera di un professionista per la predisposizione del progetto da allegare alla domanda di concessione edilizia). La costante giurisprudenza ha costantemente affermato che il contratto
di appalto diretto alla costruzione di un'opera edilizia senza la prescritta concessione è nullo "ab origine" per illiceità dell'oggetto, derivante dalla violazione della norme imperative delle leggi urbanistiche che impongono il previo rilascio della licenza o della concessione come condizione di legittimità dell'opera (Sez. II, sent. n. 7556 del 16 dicembre 1986, Tecnopiscine c. Lanzillotto; Sez. II, sent. n. 783 del 28 gennaio 1987, Margrita c. Veglio). Di conseguenza si è affermato che l'appaltatore non può pretendere in forza di detto contratto
il pagamento del pattuito corrispettivo, né il committente l'esatto adempimento dello stesso contratto o il risarcimento del danno per il relativo inadempimento (Sez. II, sent. n. 7743 del 2 agosto 1990, Magi c. Soc. Pa.Ri.Co; Sez. I, sent. n. 9508 dell'8 settembre 1999, Greppi c. Consorzio Artigiani Talamello - C.A.T.). Tali principi valgono "ancorché sopraggiunga ad esso condono edilizio, in quanto la nullità, una volta verificatasi, anche se non ancora dichiarata, impedisce sin dall'origine al contratto di produrre gli effetti suoi propri e ne rende inammissibile anche la convalida ai sensi dell'art. 1423 c.c., con la conseguenza che l'appaltatore non può pretendere, in forza del contratto nullo, il corrispettivo pattuito, senza che rilevi l'ignoranza del mancato rilascio della concessione edilizia, che non può ritenersi scusabile per la grave colpa del contraente, il quale, con l'ordinaria diligenza, ben avrebbe potuto avere conoscenza della reale situazione (Sez. II, sent. n. 2884 del 27 febbraio 2002, Palomba c. Sicignano).

La decisione

La recente decisione ha però precisato che l'appaltatore può promuovere l'azione di indebito arricchimento. Ciò in quanto non avendo ricevuto, in tutto o in parte, il corrispettivo pattuito, l'arricchimento del committente non può essere esclusa in ragione della precarietà del suo diritto sull'immobile abusivamente costruito, cioè della possibilità di provvedimenti autoritativi di demolizione dello stesso. Tale affermazione perché si deve comunque tener conto dell'impiego che il committente abbia eventualmente fatto dell'opera e delle utilità economiche così ricavatene.

( Cassazione Civile, Sent. 22/08/2003 , n. 12347 )

(Articolo pubblicato su autorizzazione di www.leggiditalia.it)

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