di Alba Mancini - Con la sentenza n. 17189 del 9 ottobre 2012, la Corte di cassazione ha affermato che il genitore che si sposta per raggiungere il figlio collocato presso la madre in un'altra città, non ha diritto al rimborso delle spese di viaggio e che le precarie condizioni economiche dell'ex sono irrilevanti rispetto alle potenzialità professionali.

Insomma, la prima sezione civile ritenuto equa la somma dell'assegno non solo dalla capacità di lavoro professionale o casalingo di ciascuno dei genitori il cui apprezzamento implica anche una valorizzazione delle potenzialità reddituali, indipendentemente dalla situazione contingente ma anche dalla valutazione complessiva delle somme necessarie per la vita e la crescita del bambino.

«Tali esigenze - si legge in sentenza

- costituiscono oggetto dell'art. 155 Cc il quale, nel disporre che ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito, precisa che, a tal fine, occorre tener conto delle «risorse economiche» di entrambi i genitori e della valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascuno di essi, in tal modo ricollegandosi al dettato dell'art. 148 che impone di far riferimento, nella quantificazione dell'obbligo contributivo, non solo alle rispettive sostanze, ma anche alla rispettiva capacità di lavoro professionale o casalingo.

Quest'ultimo elemento implica, in particolare, una valutazione complessiva delle risorse reddituali del genitore, non circoscritta agli introiti attuali, ma estesa a quelli che egli è in grado di procurarsi impiegando interamente le sue energie lavorative, al fine di assicurare la soddisfazione delle esigenze del figlio, in misura adeguata al pregresso tenore di vita della famiglia e comunque non inferiore a quella imposta dai bisogni primari del minore».
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