L'art. 319 del codice penale senegalese che sanziona gli atti omosessuali costituisce di per sé una condizione che impedisce di vivere liberamente la propria vita sessuale ed affettiva e che legittima, quindi, il riconoscimento dello status di rifugiato. A dirlo è una recente sentenza della Corte di Cassazione con cui i giudici di legittimità di Piazza Cavour hanno riconosciuto lo status di rifugiato ad un cittadino senegalese omosessuale. Tale previsione normativa rappresenta la violazione di un diritto fondamentale, sancito dalla nostra Costituzione, dalla C.E.D.U. e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea che, riflettendosi sulla condizione individuale delle persone omosessuali, le pone in una situazione di oggettiva persecuzione tale da giustificare la concessione della protezione richiesta.

Di conseguenza le persone di orientamento omosessuale sono costrette a violare la legge penale del Senegal e a esporsi a gravi sanzioni per poter vivere liberamente la propria sessualità. Ciò costituisce una grave ingerenza nella vita privata dei cittadini senegalesi omosessuali che compromette grandemente la loro libertà personale. Per persecuzione, ha precisato la Corte, deve intendersi una forma di lotta radicale contro una minoranza che può anche essere attuata sul piano giuridico e specificamente con la semplice previsione del comportamento che si intende contrastare come reato punibile con la reclusione.

Superando un precedente orientamento (Cass. 16417/2007), ma confermando quanto già affermato in sede di merito, la Corte ha quindi confermato che il solo fatto della esistenza di norme penali astrattamente persecutorie, giustifica il riconoscimento dello status di rifugiato.
Consulta testo sentenza n. 15981/2012

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