È vietato vendicarsi per atti di bullismo, anche se a farlo è il genitore della vittima. È quanto chiarisce la Cassazione, che ha confermato una condanna a tre mesi di reclusione (convertita in pena pecuniaria) inflitta nei confronti di un padre che aveva usato violenza nei confronti di un giovane di 13 anni reo di aver vessato il figlio con atti di bullismo.

Nello specifico il genitore, aveva preso il giovane bullo e lo aveva trascinato per i capelli e per un orecchio nella camera della vittima, il figlio di 11 anni, costringendolo sotto minaccia a chiedere scusa in ginocchio e dandogli due ceffoni sul volto. Il bullo diventato 'vittima', secondo la Cassazione, è stato sicuramente sconvolto e alterato, sul piano psichico, "dalla condotta reiteratamente violenta, sotto tutti i profili, dell'imputato, proiettata verso un obiettivo di punizione e rieducazione, assolutamente al di fuori della sua competenza ed estranea alle regole di civiltà che sempre e comunque devono vincolare le azioni e le reazioni dei cittadini".

Per la stessa Cassazione, la pena inflitta all'uomo, già condannato in primo e secondo grado, sarebbe "calibrata e commisurata alla gravità del danno cagionato al minorenne". L'uomo avrebbe infatti dovuto semplicemente rivolgersi ai responsabili del centro sportivo nel quale si erano verificati gli atti di bullismo, senza prendere iniziative personali di nessun genere.
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