Questi giorni sono indubbiamente all'insegna del gran dibattito tra Governo e Fiat. Senza entrare nel merito della questione (almeno per il momento), indubbiamente hanno colpito le accuse di Marchionne alla politica economica dello Stato, che poco aiuta le imprese, in particolar modo quelle che esportano. E proprio domenica il manager ha consegnato a Monti un bel faldone, pieno zeppo di proposte per la ricrescita economica -a detta sua non solo di Fiat ma di tutto il paese. Detto, fatto. Passera infatti, per nulla turbato dall'elegante scambio con Marchionne (a riguardo del successo di Fiat in Brasile, ndr), ha deciso di puntare per lo sviluppo economico italiano proprio in direzione export. Nei prossimi giorni riunirà il solito drappello di tecnici per creare delle normative ad hoc. E per farlo vuole, almeno nelle intenzioni, abolire una tassa che non agevola economicamente le aziende che esportano il proprio prodotto: l'Irap. La pensata, suggerita anche da Marchionne (e contenuta nel suddetto faldone), non è farina del sacco di nessuno dei due. Bensì di un imprenditore
, Luigi Galdabini, presidente di Ucimu (unione di produttori di macchine utensili), che già due mesi fa aveva proposto l'eventualità di valutare il taglio di questa imposta per aiutare le aziende, la cui fetta maggiore di fatturato dipende proprio dall'export. Nel caso delle macchine utensili, si parla addirittura del 70%.

A poter però beneficiare di questo taglio saranno certamente anche moltissime aziende nel tessile, soprattutto nel settore lusso, che grazie all'export riescono a vantare crescite impressionanti, nonostante la crisi (Prada ha registrato un utile netto nel primo semestre pari a 59,5%). Quindi il taglio sarebbe realmente manna dal cielo per molti imprenditori, dai piccoli ai grandi, indistintamente. E poi vorrei ben vedere chi disdegna un taglio erariale, ma quando mai capita?

Tanto per capire, l'Irap, imposta regionale sulle attività produttive, è una tassa dovuta da qualunque tipo di attività imprenditoriali, dall'artigiano alle grosse industrie, indipendentemente da che esportino o meno il prodotto, persino dalle amministrazioni pubbliche. Questa imposta venne creata per unificare qualcosa come sette gabelle, semplificandone il pagamento.

Il taglio pensato da Passera è però "selettivo",cioè si taglierà solo alla voce costo del lavoro ed in proporzione al volume di prodotto esportato. Quindi tagliando l'Irap solo alle aziende che esportano, non si creerà alcun tipo di aiuto per chi ha un mercato tutto interno. E più che un taglio netto sarà una sorta di sconto o premio per l'export. Una visione un po' limitata della nostra realtà economica, visto che a fare i conti con il calo degli acquisti sono le imprese che sono ancorate al mercato interno. E che non si parli di mercati globali, quando poi si inneggia al glocal per fare i radical chic. Prendiamo l'esempio di una gelateria, Gromm a parte, come potrebbe godere di cotal taglio? Dandosi all'export? Idem per un ciabattino o per un panettiere.

Caro Ministero, dunque, perché non includere nel taglio anche queste realtà? Le grosse balene fanno meno fatica a sopravvivere, magari basta solo spostare di qualche migliaio di chilometri la produzione. Ma quale futuro per chi decide invece di restare?

Capiamo tutti che l'Irap porta con sé un patrimonio di ben 40 miliardi l'anno, praticamente la metà della (misera) spesa sanitaria. Capiamo anche che Bruxelles non ammette che lo Stato aiuti direttamente le imprese (ma di escamotages ce ne sono tanti, come trasformare la tassa di accisa, e zac! Tagliarla). Però rammenti Passera e tutto il Governo che ORA è il momento in cui è necessario fare qualcosa per la nostra povera economia.

Barbara LG Sordi
Email barbaralgsordi@gmail.it

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