POSTA & RISPOSTA n. 343 si ricollega alla puntata del 5 luglio 2012, quando la cara Amica di Studio Cataldi Valeria Cavalli rappresentò il caso Torino. Ora il lettore Giuseppe D'ALESSANDRO alle h. 13:22 del 23 agosto 2012, dal suo account g.dalessandro64@gmail.com, ci fornisce la propria gradita illustrazione. Gli lascio la parola: "Le problematiche esposte dalla signora Cavalli sono più che mai attuali, considerato che si diffonde sempre più in Italia una visione "integralista" della raccolta differenziata secondo la quale, pur di far bella figura nei vernissages politici sbandierando cambiamenti innovativi rivoluzionari in campo ambientale, sindaci e assessori delle nostre città, spalleggiati da consulenti tecnici il cui unico interesse è quello di arricchire il proprio curriculum e aumentare il fatturato, sostengono convinti che l'unica strada per incrementare il recupero dei rifiuti sia quella di organizzare il servizio porta a porta e applicare contravvenzioni salate nei confronti dei cittadini inadempienti.
Non comprendendo che questo modello organizzativo (porta a porta) è sì efficace e in molti casi vantaggioso per le utenze, ma incontra dei limiti importanti di tipo culturale e tecnico. Senza aver provveduto ad un'adeguata informazione ed educazione ambientale le pubbliche amministrazioni non possono pretendere il rispetto delle regole; e d'altra parte si pone il problema della correttezza e della legittimità delle stesse regole; vi è poi l'aspetto tecnico della questione: come si può pretendere di avviare un servizio porta a porta per le residenze di tipo concentrato (grossi condomini a sviluppo verticale oppure le piccole abitazioni dei centri storici) che non dispongono di idonei spazi per depositare la quantità di rifiuti che si produce tra una raccolta e l'altra? Se i fabbricati fossero realizzati secondo regole edilizie che prevedessero spazi adeguati funzionalmente progettati per la collocazione di contenitori di raccolta, non si porrebbe il problema; i nostri amministratori però preferiscono lavorare sulle misure draconiane, miopi e punitive, piuttosto che sulla pianificazione urbanistica, senza avere peraltro le competenze per elaborarle correttamente. La raccolta porta a porta è diventata una moda, da adottare in modo indiscriminato in tutte le realtà urbane possibili, sottraendole alle necessarie verifiche di fattibilità sociali e urbanistiche. Cito un caso specifico verificatosi nel comune di Mola di Bari (BA): si è imposto ad un condominio
non solo di mantenere all'interno degli spazi comuni i contenitori di raccolta, ma anche di provvedere sia al relativo spostamento all'esterno in giorni e orari prestabiliti per lo svuotamento e alla ricollocazione in area interna, sia al lavaggio e alla disinfezione dei contenitori. Ora mi chiedo: 1) è legittimo imporre con ordinanza sindacale la collocazione in area privata di attrezzature funzionali ad un ervizio pubblico? 2) ammesso che il linea di principio ciò sia possibile, a chi tocca, in assenza di un apposito regolamento edilizio, esprimere un parere sulla idoneità tecnica della collocazione interna? 3) nell'ipotesi che i contenitori (peraltro di proprietà
di terzi) siano collocati in area condominiale, è legittimo pretendere che le operazioni di disinfezione e lavaggio (e, a questo punto, di manutenzione in generale) siano gestite dal condominio? Non è quest'ultima solo una questione economica, perchè vanno gestiti in conformità alle normative vigenti anche i reflui di lavaggio (si tratta acque cariche di sostanze organiche e/o inquinanti che devono subire un appropriato trattamento di depurazione). A me pare che in definitiva certe scelte delle amministrazioni comunali siano spesso in netto contrasto non solo con il diritto costituzionale alla inviolabilità della proprietà privata, ma anche con le più elementari esigenze di ragionevolezza e ponderazione. Giuseppe D'Alessandro Bisceglie (BT)". Form sottostante a completa disposizione per le Vostre considerazioni.
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