"Ove il datore di lavoro, che occupi più di quindici dipendenti, intenda effettuare, in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, almeno cinque licenziamenti nell'arco di centoventi giorni, ai sensi della L. n. 223 del 1991, art. 24 è tenuto all'osservanza delle procedure previste dalla legge stessa, mentre resta irrilevante, ai fini della configurazione della fattispecie del licenziamento collettivo, che il numero dei licenziamenti attuati, a conclusione delle procedure medesime, sia eventualmente inferiore, né è ammissibile, ove non siano osservate le procedure previste, una conversione del licenziamento
collettivo in licenziamento individuale plurimo.". Questo il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione che, con sentenza n. 13884 del 2 agosto 2012, ha accolto il ricorso di un lavoratore avverso la sentenza della Corte d'Appello che riteneva legittimo il licenziamento intimato al dipendente sulla scorta della distinzione fra "licenziamento
collettivo" che presuppone la realizzazione di una riduzione o trasformazione di attività, e "licenziamento plurimo" per giustificato motivo oggettivo che è riferito alla contingente soppressione di alcuni posti di lavoro, come nel caso di eliminazione di un reparto o settore produttivo. Nel caso in esame - affermavano i giudici di merito - "il licenziamento, pur riguardando un numero di dipendenti superiore a cinque è stato determinato dalla pacifica soppressione del reparto cucina" ritenendo inoltre, per presunzione, l'impossibilità di reimpiego del lavoratore in altre mansioni trattandosi di azienda sanitaria in cui non sarebbe comunque ipotizzabile un impiego di un addetto alla cucina in altro reparto. La Suprema Corte non la pensa allo stesso modo e afferma che, a differenza di quanto avveniva nel precedente contesto legale - prima cioè dell'entrata in vigore della L. 223 del 1991 - "non è più la specifica ragione addotta a sostegno della risoluzione del rapporto di lavoro a caratterizzare la riduzione del personale e a distinguerla dal licenziamento plurimo. (…) Sarebbe invece decisivo, ai fini della qualificazione del licenziamento collettivo, il dato numerico e temporale indicato dall'art. 24 di tale legge e non più quello ontologico o qualitativo.". Deve ritenersi del tutto irrilevante - aggiungono i giudici di legittimità - che la società ricorrente, che aveva indicato un'eccedenza di sette lavoratori e l'esistenza di una riduzione di attività e di lavoro, conclusasi la procedura con un mancato accordo, al momento del recesso, abbia effettivamente licenziato solo tre lavoratori.

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