La Corte di Cassazione, con sentenza n. 11465 del 9 luglio 2012, ha affermato che "il licenziamento per giustificato motivo oggettivo determinato da ragioni inerenti all'attività produttiva è scelta riservata all'imprenditore, quale responsabile della corretta gestione dell'azienda anche dal punto di vista economico ed organizzativo, sicché essa quando sia effettiva e non simulata o pretestuosa, non è sindacabile dal giudice quanto ai profili della sua congruità ed opportunità.". La Suprema Corte, respingendo il ricorso presentato da una lavoratrice avverso il licenziamento per giustificato motivo oggettivo
intimatole per contrazione delle attività economiche della società per la quale lavorava tale da rendere necessaria una riduzione dei costi di gestione (licenziamento convalidato anche dai giudici di primo e secondo grado), precisa che "nella nozione di giustificato motivo oggettivo di licenziamento deve ricondursi anche l'ipotesi del riassetto organizzativo dell'azienda attuato al fine di una più economica gestione di essa, deciso dall'imprenditore non semplicemente per un incremento del profitto, ma per far fronte a sfavorevoli situazioni, non meramente contingenti, influenti in modo decisivo sulla normale attività produttiva, tanto da imporre un'effettiva necessità di riduzione dei costi.". La decisione del giudice d'Appello, accertato che la lavoratrice non poteva essere adibita a diverse mansioni e non era configurabile alcun suo diritto di preferenza nella instaurazione di un diverso rapporto di lavoro di natura autonoma, ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto ricordati ed, essendo supportata da una motivazione congrua e priva di salti logici, si sottrae ad ogni censura di legittimità.

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