Con sentenza n. 10313, depositata il 21 giugno 2012, la Suprema Corte di Cassazione ha precisato che in assenza di un'espressa indicazione legislativa, in caso di omessa pronuncia sull'istanza delle spese proposta dal difensore, il rimedio esperibile è procedimento di correzioni di errori materiali. La richiesta infatti non può qualificarsi come domanda autonoma e quindi non può essere oggetto di impugnazione. La pronuncia è della terza sezione civile che ha così deciso a seguito di ricorso di un avvocato che lamentava come la corte d'appello non avesse operato la distrazione delle spese. Riprendendo quanto già affermato in una precedente sentenza
(la numero n. 16037/2010), la Corte ha dichiarato il ricorso dell'avvocato inammissibile, affermando quando segue: "in assenza di un'espressa indicazione legislativa, è costituito dal procedimento di correzione degli errori materiali di cui all'articolo 287 e 288 C.p.c., e non dagli ordinari mezzi di impugnazione, non potendo la richiesta qualificarsi come domanda autonoma. Inoltre la procedura consente il migliore rispetto del principio costituzionale della ragionevole durata del processo. La procedura di correzione, oltre ad essere in linea con il disposto dell'art. 93, secondo comma, cod. proc. civ. - che ad essa si richiama per il caso in cui la parte dimostri di aver soddisfatto il credito del difensore per onorari e spese - consente il migliore rispetto del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, garantisce con maggiore rapidità lo scopo del difensore distrattatario di ottenere un titolo esecutivo ed è rimedio applicabile, ai sensi dell'art. 391-bis cod. proc. civ., anche nei confronti della pronunce della Corte di Cassazione".
Consulta testo sentenza n. 10313/2012

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