Corte di Cassazione sentenza n.8787/2012
Nel caso in cui non ci sia corrispondenza tra la firma apposta su un assegno e quella dello specimen depositato presso la banca, l'istituto di credito non può rifiutare il pagamento limitandosi a dichiarare che l'assegno è stato denunciato come rubato dal correntista. Lo ha chiarito la prima sezione civile della Corte di Cassazione (sentenza n.8787/2012) spiegando che l'istituto di credito ha l'obbligo di precisare al pubblico ufficiale incaricato del protesto che il correntista è persona diversa da quella il cui nome figura nella sottoscrizione dell'assegno.
Diversamente la banca dovrà risarcire il danno al proprio cliente per l'ingiusta pubblicazione del suo nome sul bollettino protesti. Un simile comportamento, spiega la Corte, comporta anche l'ulteriore conseguenza di rendere note a chiunque le generalità del cliente titolare del conto.

Secondo la Cassazione non è sufficiente a tutelare il correntista dal discredito sociale ed economico che può subire la collocazione in un'apposita categoria.

Ne discende che la banca dovrà rispondere di tutti danni che derivano dalla pubblicazione.

Ma non basta: secondo la Suprema Corte è corresponsabile del protesto illegittimo anche il pubblico ufficiale incaricato del protesto che ha omesso di controllare la corrispondenza tra la firma e il nome del titolare del conto.

Nell'adempimento dei suoi obblighi, spiega la Corte, il pubblico ufficiale incaricato del protesto deve dirigere la compilazione dell'atto con perizia e diligenza professionale per evitare danni a soggetti estranei all'emissione dell'assegno.

Banca e il notaio sono quindi responsabili in solido per l'erronea elevazione del protesto.
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