Va riconosciuta la validità nell'ordinamento giuridico italiano della sentenza del giudice ecclesiastico che dichiara nulle le nozze riparatrici anche se lei non era conoscenza del vizio della volontà di lui. Lo ha stabilito la prima sezione civile della Corte di Cassazione (sentenza n. 8857/2012) spiegando che non è incompatibile con i principi generali di ordine pubblico del nostro ordinamento una sentenza
che dichiara la nullità del matrimonio sul rilievo del vizio del consenso di uno dei due coniugi che ha accettato di sposarsi solo perché la futura sposa era incinta e per cedere alle pressioni dei parenti. Il problema sottoposto all'esame della corte di cassazione era quello di verificare se dovessi considerarsi elemento essenziale della sentenza dichiarativa di nullità, l'accertamento della conoscenza o della conoscibilità del vizio della volontà da parte dell'altro coniuge. La Cassazione fa rilevare come un simile accertamento non è richiesto neppure nell'ordinamento italiano e per questo la sentenza del tribunale ecclesiastico va delibata. Gli Ermellini hanno dunque respinto la tesi difensiva della donna secondo cui la sentenza ecclesiastica di declaratoria di nullità sarebbe illegittima perchè bassata solo sull'accertamento che lui era stato indotto al matrimonio senza la piena consapevolezza del valore del sacramento a causa dell'imminente maternità della donna, senza verificare che tale vizio del consenso fosse conosciuto o almeno conoscibile anche da parte di lei.
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