La Corte di Cassazione, con sentenza n. 16890 del 2012, torna sul tema degli infortuni sul lavoro ed in particolare sul nesso di causalità che non viene eliso dall'eventuale imprudenza del lavoratore, allorché l'incidente si verifichi a causa del lavoro svolto e per l'inadeguatezza delle misure poste a tutela dell'incolumità dei lavoratori. Nel caso di specie l'amministratore di una spa era stato tratto a giudizio per rispondere del reato di omicidio colposo
- aggravato dalla violazione della normativa antinfortunistica - perché, con colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia, violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, aveva cagionato la morte di un operaio addetto alla macchina taglio laser Bystronic, per insufficienza cardiorespiratoria acuta da folgorazione. In particolare, non era stata predisposta né una procedura operativa di sicurezza per interventi sull'armadio elettrico di comando, né segregate con chiave le parti ad alta tensione, né individuato personale specializzato addetto agli interventi sulla predetta macchina ed era stato consentito che il l'operaio, senza peraltro aver ricevuto un'adeguata formazione, effettuasse la verifica del fusibile di sicurezza posto nell'armadio elettrico di comando laser, intervento resosi necessario perché la macchina si era bloccata durante il ciclo di lavorazione. Nel caso di specie l'operaio, dopo aver ripristinato l'alta tensione, nel richiudere con le relative viti il pannello del quadro elettrico in materiale plastico trasparente aveva avvicinato le dita alla sbarra nuda (19.000 volt) del condensatore posto appena dietro lo schermo ed era stato investito da una scarica elettrica che ne aveva causato il decesso. Assolto in primo grado, l'imputato
veniva invece condannato dalla Corte d'Appello. La Suprema Corte in particolare afferma che "la prospettazione di una causa di esenzione da colpa che si richiami alla condotta imprudente del lavoratore, non rileva allorché chi la invoca versa in re illicita, per non avere negligentemente impedito l'evento lesivo, che è conseguito, nella specie, dall'avere la vittima operato in condizioni di rischio note all'azienda e non eliminate da chi rivestiva la posizione di garanzia. Chi è responsabile della sicurezza del lavoro deve avere sensibilità tale da rendersi interprete, in via di prevedibilità, del comportamento altrui. In altri termini, l'errore sulla legittima aspettativa
che non si verifichino condotte imprudenti da parte dei lavoratori non è invocabile, non solo per la illiceità della propria condotta omissiva, ma anche per la mancata attività diretta ad evitare l'evento, imputabile a colpa altrui, quando si è nella possibilità di impedirlo." È il cosiddetto "doppio aspetto della colpa" - si legge nella sentenza - secondo cui si risponde sia per colpa diretta sia per colpa indiretta, una volta che l'incidente dipende dal comportamento dell'agente, che invoca a sua discriminante la responsabilità altrui. Sottolineano ancora i giudici di legittimità che la normativa antinfortunistica mira a salvaguardare l'incolumità del lavoratore non solo dai rischi derivanti da incidenti o fatalità, ma anche da quelli che possono scaturire dalla sue stesse disattenzioni, imprudenze o disubbidienze alle istruzioni o prassi raccomandate, purché connesse allo svolgimento dell'attività lavorativa.

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