La Corte di Cassazione, con sentenza n. 6039 del 18 aprile 2012, ha affermato che, in presenza di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa ex art. 409 cui ratione temporis non si applicano gli artt. 61 e ss. D.Lgs. n. 276 del 2003 sul contratto di lavoro a progetto, il datore di lavoro può recedere solamente in caso di grave inadempimento
da parte del lavoratore. La Suprema Corte, respingendo il ricorso di una Società condannata dalla Corte d'Appello a pagare ad una sua ex collaboratrice circa 348.000 euro a titolo di mensilità non corrisposte in virtù di un recesso ingiustificato, ha precisato che la risoluzione per inadempimento (ricordando che nel caso di specie non si applicano le norme contenute nel decreto Biagi) va rinvenuta nelle norme generali in tema di contratti a prestazioni corrispettive contenute nel c.c. e, quindi, negli artt. 1453 e 1455 c.c. che consente la risoluzione per inadempimento in luogo del ricorso ad altro rimedio sinallagmatico purché ci si trovi in presenza di inadempimento di non scarsa importanza avuto riguardo all'interesse della parte adempiente, importanza che nel caso di specie la società ricorrente non argomenta e, anzi, neppure allega. Inoltre i giudici di legittimità ribadiscono, come da costante giurisprudenza, che "nei contratti a prestazioni corrispettive, qualora una delle parti adduca, a giustificazione della propria inadempienza, l'inadempimento
o la mancata offerta di adempimento dell'altra, si deve procedere a una valutazione unitaria e comparativa dei comportamenti, tenendo conto soprattutto dei rapporti di causalità e proporzionalità (e non meramente cronologici) esistenti tra le prestazioni inadempiute, della loro incidenza sulla funzione economico-sociale del contratto, e quindi, degli interessi perseguiti dai contraenti". Nel caso di specie il ricorso del datore di lavoro non allega né giustifica la proporzionalità della propria reazione rispetto agli inadempimenti della collaboratrice né - si legge nella sentenza - può costituire inadempimento il mero stato di malattia della collaboratrice che integra soltanto un caso di sospensione del sinallagma funzionale del rapporto.

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